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Contributi Covid: perdite fiscali nel mirino dell’Agenzia delle Entrate

Il Fisco contesta il riporto delle perdite fiscali, ma la tesi rischia di trasformarsi in un boomerang proprio per le imprese che hanno subito perdite e solleva dubbi di legittimità normativa.

Numerose imprese italiane stanno ricevendo inviti al contraddittorio e schemi di accertamento legati ai contributi concessi durante il periodo pandemico. Le contestazioni non riguardano la legittimità degli aiuti, ma il loro riflesso sul riporto delle perdite fiscali: secondo l’Agenzia delle Entrate, tali contributi, in quanto “proventi esenti”, avrebbero dovuto essere esclusi dal calcolo delle perdite riportabili negli esercizi successivi. Una posizione che rischia di penalizzare proprio le imprese più colpite dalla crisi pandemica, sollevando dubbi di legittimità normativa.

Il cuore della contestazione dell’Agenzia delle Entrate

Gli avvisi in corso di notifica fanno riferimento agli aiuti economici introdotti durante l’emergenza sanitaria, in attuazione del “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato” della Commissione UE, varato per evitare il rischio di una “grave recessione generalizzata”. Secondo l’Agenzia, il beneficio ottenuto dalle imprese durante la pandemia – seppure correttamente dichiarato – avrebbe dovuto incidere sul riporto delle perdite ai sensi dell’articolo 84 del Tuir. In altre parole, il contributo andava sottratto dal risultato negativo di esercizio, in quanto qualificabile come provento esente.

Questa interpretazione si fonda sul principio secondo cui l’agevolazione, non concorrendo alla formazione del reddito imponibile, né alla base imponibile Irap (articolo 10-bis, Dl 137/2020), non può generare un effetto fiscale indiretto negli esercizi successivi, pena un presunto “doppio vantaggio”: il contributo ricevuto e la riduzione d’imposta per effetto del riporto delle perdite. Nei testi notificati, l’Agenzia delle Entrate sottolinea il fatto che nessuno dei provvedimenti istitutivi dei contributi Covid richiama espressamente l’articolo 84 del Tuir, a dimostrazione della volontà dell’ente di limitare il beneficio al solo periodo di emergenza.

Il nodo interpretativo e i rischi per le imprese

La posizione dell’Agenzia, tuttavia, non è tuttavia priva di criticità. La normativa istitutiva dei contributi emergenziali non li qualifica come proventi “esenti”, ma semplicemente come somme non concorrenti alla formazione del reddito imponibile. La distinzione non è meramente terminologica: mentre un provento esente rientra nella sfera reddituale ma viene escluso dalla tassazione, un importo “non concorrente” non partecipa alla determinazione del reddito sin dall’origine.

Tale interpretazione dell’Ente di riscossione – come accennato in apertura – rischia di penalizzare le imprese che hanno subito perdite durante il Covid, riducendo il valore effettivo degli aiuti ricevuti. Per arginare uno scenario critico per una quota considerevole di realtà imprenditoriali e per preservare contestualmente la credibilità del sistema aiuti, risulterebbe urgente una norma interpretativa di copertura.

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