Una sentenza di ottobre 2025 del Tribunale di Firenze ribadisce che l’attività di servicing è riservata a banche e intermediari finanziari iscritti all’albo ex art. 106 TUB. Il conferimento di una procura a soggetti non abilitati comporta la nullità dell’atto e il difetto di rappresentanza. Una decisione che rafforza i controlli e la trasparenza nel mercato del credito.
Nullità della procura e riserva di legge: i confini dell’attività di servicing
Con una sentenza emessa nell’ottobre 2025, il Tribunale di Firenze ha affrontato una questione che tocca da vicino il mondo del credito, ovvero l’affidamento da parte di una società veicolo (SPV) della riscossione dei crediti cartolarizzati a un soggetto non iscritto all’albo previsto dall’art. 106 del Testo Unico Bancario.
Secondo i giudici, l’attività di servicing, cioè la gestione e il recupero dei crediti ceduti alle SPV, è per legge riservata esclusivamente a banche e intermediari finanziari vigilati. Lo stabilisce la Legge 130/1999, che disciplina la cartolarizzazione dei crediti e assegna ai servicer un ruolo di garanzia e controllo.
Quando una società veicolo conferisce una procura diretta a un soggetto privo dei requisiti previsti, l’atto è nullo perché in contrasto con una norma imperativa. La gestione dei crediti cartolarizzati deve avvenire solo attraverso soggetti autorizzati, in grado di garantire la correttezza e la tracciabilità delle operazioni.
Difetto di rappresentanza e irrilevanza della sanatoria: la posizione del giudice
La decisione del Tribunale sottolinea che la nullità della procura comporta anche il difetto di rappresentanza sostanziale e processuale. In altre parole, chi riceve un mandato da una società veicolo senza essere iscritto all’albo non può agire né nel merito né in giudizio per conto della SPV.
Il giudice ha richiamato l’art. 2 della Legge 130/1999 e l’art. 1418 del Codice Civile, che sanciscono la nullità degli atti contrari a norme imperative. È stato inoltre escluso che il difetto di rappresentanza possa essere sanato. Nel caso esaminato, infatti, la parte opposta aveva negato qualsiasi coinvolgimento del master servicer iscritto, rendendo impossibile una regolarizzazione successiva.
Il decreto ingiuntivo emesso su iniziativa della società non abilitata è stato quindi revocato. Il Tribunale ha così tracciato un confine netto: solo i soggetti autorizzati possono gestire, riscuotere e agire giudizialmente per conto delle società veicolo, nel rispetto delle regole previste dal Testo Unico Bancario.
Un precedente destinato a incidere sulle prassi del settore
Con la revoca del decreto ingiuntivo e la compensazione delle spese tra le parti, il Tribunale di Firenze ha scelto un approccio equilibrato, riconoscendo l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale sulla questione preliminare. Inoltre, la decisione contribuisce a fare chiarezza su un punto essenziale. L’attività di servicing dei crediti cartolarizzati può essere svolta solo da operatori iscritti e vigilati, a tutela della legalità del sistema.
La sentenza rafforza l’idea che la riserva di legge sull’attività di servicing non è un semplice vincolo burocratico, ma una garanzia per tutto il mercato del credito. Affidare la gestione dei crediti a soggetti non abilitati comprometterebbe la trasparenza e la sicurezza del sistema, oltre a esporre le SPV al rischio di nullità degli atti.
In un contesto di crescente attenzione regolamentare, la nullità della procura rappresenta dunque non solo un tema giuridico, ma anche un richiamo alla responsabilità degli operatori del settore. La corretta applicazione delle norme, unita al rispetto delle prerogative dei servicer autorizzati, resta la condizione imprescindibile per assicurare stabilità e fiducia nel mercato secondario dei crediti.





