Le verifiche effettuate dall’Agenzia delle Entrate, con il duplice obiettivo di monitorare determinati flussi e ridurre l’evasione fiscale – non contemplano soltanto soglie di importo. I controlli variano in base alla tipologia di contribuente che effettua o ricevere il bonifico, alla frequenza, alle causali utilizzate.
Nell’epoca attuale di piena transizione digitale, il bonifico bancario rappresenta uno strumento indispensabile per la gestione del denaro a 360 gradi. Uno strumento flessibile, di facile utilizzo, sicuro e tracciabile. Caratteristica quest’ultima divenuta oggi indispensabile per numerose tipologie di pagamenti e operazioni, al fine di consentire all’Agenzia delle Entrate e alla Guardia di Finanza di effettuare tutte le verifiche necessarie a limitare l’evasione fiscale. L’Ade – come è noto – ha infatti la facoltà di controllare tutti i bonifici effettuati e ricevuti – compresi quelli eseguiti su conti esteri o sulle prepagate con Iban – i prelievi e i versamenti sui conti correnti, gli estratti conto e i titoli azionari gestiti dalla banca per conto del cliente.
Ma quali sono le operazioni più a rischio? Quali bonifici fanno scattare i controlli del Fisco? Qual è la soglia di “sicurezza”?
Il potere di controllo dell’Agenzia delle Entrate
Prima di entrare nel merito dei controlli previsti per i bonifici, vale la pena chiarire un punto essenziale: il potere di cui oggi dispone l’Agenzia delle Entrate è sancito dalla nostra legislazione, nello specifico dagli articoli 32 del D.P.R. 600/1973 per le imposte dirette e 51 del D.P.R. 633/1972 per l’IVA. L’ente di riscossione ha la facoltà di accedere a quantità enormi di informazioni, relative a conti correnti, titoli azionari e a tutte le operazioni ad essi connesse.
Le verifiche condotte dall’Agenzia sono considerate uno strumento ordinario di controllo. Non sottendono pertanto necessariamente alla presenza di prove o indizi di evasione fiscale, e non dipendono direttamente dalla presentazione o meno della dichiarazione dei redditi.
Soglie di sicurezza per i bonifici
Con la legge di Bilancio n. 197 del 2022, i controlli sui bonifici scattano per tutte le operazioni finanziarie con importi superiori a 5000 euro. Oltre tale soglia le banche hanno l’obbligo di segnalare l’operazione all’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia. A tal proposito, è doveroso chiarire che non tutte le segnalazioni fanno scattare necessariamente i controlli.
Bonifici in uscita e soggetti “controllabili”
Per quanto concerne i lavoratori dipendenti, i professionisti con partita IVA, gli artigiani, e i pensionati – come riporta Brocardi.it – è sottoposto a verifica fiscale soltanto il denaro in entrata sul conto corrente, sotto forma di contanti e bonifici. Non è invece contemplato alcun controllo riguardo ai prelievi e ai bonifici in uscita, a favore di terzi (il controllo potrebbe eventualmente scattare sul ricevente). La situazione cambia per i titolari d’impresa: costoro hanno l’onere di giustificare anche i prelievi.
La liceità di tali controlli, da parte del Fisco, affonda le radici nel Testo Unico sulle Imposte sui Redditi, che prevede una “presunzione di reddito” per ogni accredito di denaro ricevuto su un qualsiasi conto. In sostanza, la legge presume che ogni somma, versata tramite bonifico o contanti sul conto, sia di fatto tassabile e quindi necessariamente debba essere denunciata al fisco.
Ciò detto non esclude in assoluto i controlli sulle uscite. Tali movimentazioni di denaro possono infatti essere analizzate per verificare a livello generale la coerenza generale tra le spese effettuate e il reddito dichiarato, per tracciare flussi di denaro verso determinati soggetti o Paesi, o ancora per verificare la corretta compilazione dei bonifici “parlanti” per i vari bonus edilizi.
Bonifici in ingresso: quali sono a “rischio” controllo
Partendo dal presupposto che tutti le operazioni in ingresso sono potenzialmente soggetti alla “presunzione di reddito”, esistono alcune specifiche tipologie su cui il Fisco focalizza maggiormente la propria attività di controllo:
- accrediti di importo significativo che non trovano una corrispondenza diretta nei redditi dichiarati;
- accrediti incoerenti con l’attività dichiarata dal contribuente;
- versamenti frequenti o di importo elevato in contanti;
- bonifici ricevuti dall’estero;
- bonifici con causali generiche, assenti o sospette;
- movimenti su conti cointestati o di terzi ritenuti collegati al contribuente.
I bonifici da o verso l’estero
Anche le movimentazioni di denaro da e verso l’estero sono oggetto di particolare attenzione da parte dell’Ente di riscossione, non solo per finalità antiriciclaggio, ma anche per attività di monitoraggio fiscale. In questo contesto, il Fisco può contare sulla collaborazione di banche e intermediari finanziari, realtà che periodicamente sono tenute a comunicare all’Agenzia delle Entrate, le operazioni da e verso l’estero che superano i seguenti limiti (come riportato da Laleggepertutti.it):
- 5.000 euro: è il tetto generale riferito alle operazioni (anche frazionate nell’anno) eseguite per conto o a favore di persone fisiche e società semplici;
- 15.000 euro: è il tetto per monitoraggio fiscale, quello per cui scatta l’obbligo di comunicazione da parte degli intermediari.
Non solo i bonifici, anche i prelievi effettuati da conti esteri finiscono sotto la lente di ingrandimento dell’Ade. Anche coloro che non hanno un’attività imprenditoriale, devono essere in grado – in caso di accertamento – di dimostrare la destinazione dei fondi prelevati.
Bonifici e causali generiche
Un ulteriore elemento che può essere considerato un indice di anomalia è la causale troppo generica: scelte quali “saldo”, “donazione”, “spostamento”, possono rendere più complesso l’onere di dimostrare che non si tratta di importi potenzialmente tassabili. Per questa ragione, è sempre preferibile indicare causali chiare e dettagliate.
Come rispondere a una contestazione dell’Ade
In caso di movimentazioni sospette, l’Agenzia delle Entrate procederà dapprima con una convocazione del contribuente, nell’ambito della quale quest’ultimo dovrà dimostrare la natura delle operazioni oggetto di contestazione. L’onere della prova – come spiegato nel corso dell’articolo – è appunto a carico del soggetto coinvolto, il quale dovrà presentare al funzionario del Fisco prove documentali certe.