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Eventi metereologici estremi

Eventi metereologici estremi: 126 miliardi di euro di danni entro il 2029

Siccità in Andalusia, tempeste in Lombardia e ondate di calore in Francia: l’estate 2025 ha confermato la crescente vulnerabilità del continente agli eventi metereologici estremi. Secondo uno studio della BCE e dell’Università di Mannheim, i danni supereranno i 126 miliardi di euro entro il 2029.

Eventi metereologici estremi: perdite da 43 miliardi di euro nel 2025

L’Europa si conferma l’epicentro degli effetti del riscaldamento globale. Negli ultimi trent’anni (1995-2025) la temperatura media del continente è aumentata di circa mezzo grado per decennio, il doppio rispetto alla media globale. Un’accelerazione che rende il bacino del Mediterraneo e l’Artico veri e propri hotspot climatici, ossia aree particolarmente vulnerabili agli eventi metereologici estremi.

L’estate 2025 ha offerto un quadro eloquente: incendi devastanti alimentati dalla siccità in Andalusia, tempeste violente tra Como e Bergamo, con raffiche di vento fino a 90 chilometri orari, e ondate di calore che hanno innalzato le temperature nel sud della Francia fino a 39 gradi. Fenomeni che hanno interessato complessivamente centinaia di regioni europee: 96 colpite da ondate di calore, 195 dalla siccità e 53 da inondazioni. Una tendenza destinata a intensificarsi, mentre l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5 gradi appare sempre più irraggiungibile.

Danni economici diretti e indiretti: una stima conservativa

Secondo lo studio firmato da Sehrish Usman (Università di Mannheim) in collaborazione con economisti della Banca centrale europea, gli eventi metereologici estremi del 2025 hanno già generato perdite per 43 miliardi di euro a livello di Unione europea, pari allo 0,26% del valore aggiunto lordo dell’anno precedente. Le proiezioni indicano che entro il 2029 i danni cumulati raggiungeranno 126 miliardi di euro, equivalenti allo 0,78% del Gva dell’UE nel 2024.

L’analisi introduce un approccio innovativo: non si limita ai danni immediati e tangibili, come la distruzione di infrastrutture ed edifici, ma considera anche gli effetti indiretti. Rientrano in questa categoria le interruzioni delle catene di approvvigionamento, la perdita di produttività nelle fabbriche danneggiate e i costi ambientali e sociali, spesso trascurati nelle valutazioni tradizionali. Come sottolinea la ricercatrice Sehrish Usman, i danni di questi eventi tendono a emergere gradualmente, ma incidono in profondità su economie, processi aziendali e mezzi di sussistenza.

L’Italia tra i Paesi più colpiti: l’urgenza di investire nell’adattamento

La Spagna è il Paese che registra il maggior impatto economico, con 12,2 miliardi di perdite nel 2025 e quasi 35 miliardi nel 2029. Segue l’Italia, con 11,9 miliardi nel 2025 e 34,2 miliardi entro il 2029. Particolarmente significativa la situazione della Lombardia, che da sola sopporta perdite cumulative pari a 2,5 miliardi di euro nel 2025 e 7,6 miliardi nel 2029, dovute principalmente alle inondazioni. La Francia occupa il terzo posto, con danni stimati in 10,1 miliardi nel 2025 e 33,9 miliardi entro il 2029.

Sebbene le dinamiche siano differenti, nessun Paese europeo può considerarsi immune al rischio climatico. Per economie più piccole come Malta, Cipro e Bulgaria, l’impatto relativo dei danni risulta particolarmente gravoso, mentre Stati del Nord come Germania, Danimarca e Svezia registrano perdite più contenute ma una crescente esposizione alle inondazioni.

Gli autori dello studio avvertono: i dati raccolti rappresentano una stima prudenziale, che non considera eventi come grandinate, incendi e raffiche di vento, anch’essi diffusi nell’estate 2025. Di fronte a questo scenario, emerge con forza la necessità di investire in misure di adattamento: sistemi di allerta precoce, infrastrutture di protezione idraulica, bacini per la raccolta delle acque piovane, colture agricole resistenti alla siccità.

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