Le misure di sostegno basate sulle garanzie pubbliche richiedono oggi maggiore attenzione. Un controllo più accurato può evitare sprechi e tutelare le risorse dello Stato.
Garanzie pubbliche: utili ma non immuni da rischi
Per garanzia pubblica si intende l’impegno dello Stato di coprire parte del prestito concesso da una banca. È uno strumento particolarmente utile per facilitare l’accesso al credito da parte delle imprese, soprattutto in momenti di crisi.
La Corte dei Conti, con la pubblicazione del quaderno numero 2, ricorda che tali garanzie aiutano a ridurre il rischio che la banca corre, favorendo così gli investimenti produttivi.
La Corte stessa mette in guardia: se non ci sono adeguati criteri di valutazione e monitoraggio, lo Stato può trovarsi a pagare le conseguenze di prestiti concessi senza il giusto rigore. Durante la pandemia, molte imprese solide hanno beneficiato di questi strumenti, ma sono emerse anche criticità legate a un’istruttoria troppo superficiale delle banche.
Per ridurre questi rischi, la Corte dei Conti propone una norma più chiara e condivisa, con schemi di garanzia omogenei e criteri prudenziali uniformi. Serve anche un sistema informativo coordinato tra tutte le parti coinvolte, per garantire trasparenza e una gestione più efficiente delle risorse pubbliche.
Il richiamo dei giudici: istruttoria più stringente da parte delle banche
Anche il mondo giudiziario ha preso in esame la questione della garanzia pubblica. Le pronunce del Tribunale di Napoli hanno delineato criteri operativi che dovrebbero orientare le banche nella concessione dei prestiti assistiti da garanzia pubblica.
Quando lo Stato garantisce fino all’80% di un prestito, le banche non devono abbassare la guardia: la copertura pubblica non le esonera da ogni rischio. Secondo i giudici, le banche devono svolgere un’analisi approfondita del merito creditizio dell’impresa, perché affidarsi solo alla garanzia statale rischia di trasferire gran parte del rischio sul contribuente.
Tra le indicazioni pratiche fornite dai giudici, spicca la richiesta del “certificato unico dei debiti tributari”: un documento che consente di verificare se l’impresa ha debiti fiscali pendenti. I giudici respingono l’idea che questa richiesta sia eccessivamente onerosa: la considerano, al contrario, un presidio ragionevole per accertare la veridicità dei bilanci presentati.
Implicazioni pratiche e prospettive future
Le osservazioni della Corte dei Conti e le raccomandazioni dei giudici non sono solo teoriche. La Guardia di Finanza ha contestato finanziamenti garantiti dallo Stato per decine di milioni, ritenendo che alcune imprese non avessero diritto alle garanzie concesse.
Sul fronte giudiziario, la situazione è più complessa. Per alcuni giudici un’istruttoria inadeguata può comportare la nullità del finanziamento, per altri un risarcimento a carico della banca; in casi più estremi viene richiamata perfino la violazione dell’ordine pubblico economico.
L’assenza di un orientamento uniforme dei giudici rende il contesto poco chiaro per le banche e le induce a muoversi con cautela. Proprio per questo, cresce l’esigenza di norme più precise che mettano ordine nella fase istruttoria e nei controlli.





