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Il Credit Manager fra rischio, AI e sostenibilità: come cambierà la professione nel futuro?

Nel mondo economico in rapida trasformazione, il Credit Manager è destinato a diventare una figura strategica in azienda, ma i vertici aziendali ne sono consapevoli?

Credit Manager: un ruolo aziendale sempre più importante

Spesso si pensa al Credit Manager come al professionista deputato a dire “no” alla funzione commerciale o a occuparsi di rientrare da un credito non pagato. In realtà è molto di più, è determinante per il successo dell’attività imprenditoriale, un difensore della continuità aziendale, un vero e proprio architetto della sostenibilità finanziaria.

La capacità di essere liquidi e quindi solvibili è alla base della possibilità di avere la giusta solidità economica per poter crescere. Non solo, il Credit Manager è un vero e proprio ponte fra azienda e clientela. Una figura centrale, deputata al mantenimento dell’equilibrio delle esigenze delle parti, fondamentale anche nel garantire la credibilità dei piani finanziari aziendali.

Insomma, il suo ruolo va ben oltre la mera analisi di indici e scoring. In tempi incerti come quelli attuali diventa ancora più centrale nei processi aziendali. Una funzione, questa, diversa da com’era anni fa e destinata a cambiare ulteriormente sotto la spinta dell’innovazione tecnologica e dei rischi che caratterizzano il momento storico.

Ne abbiamo parlato con Roberto Daverio, Head of Global Risk Management The Adecco Group e Achille Tesseri, Credit Risk Manager, autori del libro “Il Credit Manager del 2030” (BTT Edizioni).

Cosa significa oggi essere Credit Manager oggi e come possiamo immaginarci l’evoluzione di questa professione nel futuro?

(AT)  Il Credit Manager di oggi non può relegare i suoi compiti nel monitorare il rischio e sollecitare i pagamenti: occorre saper leggere dinamiche complesse, interpretare scenari economici, costruire modelli predittivi, dialogare con strumenti digitali avanzati e, soprattutto, fornire alla direzione aziendale dati, soluzioni e strategie con cui orientare le decisioni.
Il Credit Manager del futuro è — e sarà — un attore strategico nella governance economico-finanziaria, un ponte tra tesoreria, vendite, compliance e Risk Management.

Questo libro si propone di essere una bussola per orientarsi in un mondo che cambia, fornendo strumenti per affrontare con consapevolezza e competenza la trasformazione in atto. Il Credit Manager del 2030 dovrà essere un leader di processo, un interprete del dato, un attivatore di relazioni e soluzioni. Per questo anche la formazione deve evolversi: da tecnica a strategica, da operativa a predittiva, da verticale a trasversale.

La collaborazione con la tesoreria e con altre funzioni aziendali è cruciale, soprattutto se pensiamo al nuovo Codice della Crisi e al concetto di “adeguato assetto”. Nelle aziende è una prassi già seguita oppure si ragiona ancora a comparti stagni?

(RD)La collaborazione tra funzione crediti, tesoreria e più in generale con le altre aree aziendali è oggi un elemento imprescindibile per garantire la continuità aziendale e per rispondere in modo efficace alle richieste del nuovo Codice della Crisi. Il concetto di “adeguato assetto” impone infatti alle imprese di dotarsi non solo di strumenti tecnici, ma soprattutto di processi organizzativi e informativi integrati, capaci di intercettare tempestivamente i segnali di squilibrio e di trasformarli in decisioni consapevoli.

Nella pratica operativa, però, il livello di collaborazione varia fortemente da azienda a azienda. Sebbene molte realtà – soprattutto quelle più strutturate o che hanno affrontato percorsi di riorganizzazione interna – abbiano già adottato un approccio collaborativo e trasversale, una parte significativa del tessuto imprenditoriale italiano opera ancora secondo una logica “a silos”. In queste realtà, la funzione crediti dialoga solo sporadicamente con la tesoreria, la pianificazione finanziaria non riceve informazioni tempestive sull’andamento degli incassi, e la direzione commerciale non integra nei propri processi un confronto costante sui rischi di fido o sugli indicatori di tensione finanziaria dei clienti.

Questa frammentazione organizzativa genera diversi effetti negativi, come: ritardi nell’individuazione dei segnali di crisi, che diventano percepibili solo quando gli squilibri si sono già consolidati; incoerenza tra strategie commerciali e politiche di rischio, con concessioni di credito non allineate alla reale capacità finanziaria dell’azienda; difficoltà nel costruire reportistica integrata utile per gli organi di controllo e per gli obblighi introdotti dal nuovo Codice; maggiore esposizione a tensioni di liquidità, perché mancano visibilità e coordinamento tra flussi in entrata, in uscita e scelte operative.

Al contrario, le aziende che hanno già sviluppato una forte collaborazione interfunzionale mostrano vantaggi evidenti, come: maggiore capacità predittiva, grazie all’incrocio dei dati tra crediti, tesoreria, vendite, amministrazione e controllo di gestione; processi decisionali più rapidi e allineati, utili sia nella gestione ordinaria che nelle situazioni di stress finanziario; un sistema di early warning realmente efficace, che consente di attivare per tempo gli strumenti correttivi previsti dal Codice della Crisi; una cultura aziendale orientata al rischio consapevole e alla sostenibilità finanziaria, coerente con la visione del credit manager evoluto delineata in Credit Manager 2030.

In pratica, la collaborazione interfunzionale non è più un “nice to have”, ma un requisito di compliance e di competitività. Molte aziende stanno compiendo passi concreti in questa direzione, ma il percorso non è ancora uniforme: il passaggio da una logica a comparti stagni a una logica di sistema richiede cambiamento culturale, investimenti in tecnologia e soprattutto la definizione di ruoli e responsabilità ben coordinati.

Il credit manager del futuro non è solo un custode del credito, ma un nodo strategico che connette funzioni e informazioni, contribuendo attivamente alla salute complessiva dell’impresa.

La sostenibilità finanziaria è il primo passo verso ogni altra forma di sostenibilità. In questo il Credit manager gioca un ruolo determinante, i vertici aziendali se ne rendono conto e lo includono nelle decisioni strategiche?

(RD) La sostenibilità finanziaria rappresenta la base su cui si fonda ogni altra forma di sostenibilità — ambientale, sociale o di governance. Senza equilibrio economico e continuità finanziaria, infatti, nessun progetto di lungo periodo può reggere. In questo scenario, il ruolo del Credit Manager assume una centralità sempre più evidente: non è più il semplice “gestore degli incassi”, ma un presidio strategico della resilienza aziendale, capace di trasformare il rischio di credito in un elemento misurabile, governabile e funzionale agli obiettivi di sviluppo.

 Negli ultimi anni si osserva una crescente attenzione da parte delle direzioni generali e dei consigli di amministrazione verso la gestione del capitale circolante, la qualità del portafoglio clienti e l’impatto del rischio di credito sulle performance complessive. Tuttavia, questa consapevolezza non è ancora omogenea e non sempre si traduce in un reale coinvolgimento del Credit Manager nei processi decisionali strategici.

In molte imprese – soprattutto quelle più strutturate, internazionali o abituate a sistemi di governance avanzati – il Credit Manager siede già ai tavoli che contano: partecipa ai comitati rischi, contribuisce alla definizione delle politiche commerciali, interagisce con CFO e CEO nelle decisioni che riguardano nuovi mercati, nuovi segmenti di clientela o investimenti critici. Qui il suo contributo è riconosciuto come determinante per valutare la sostenibilità dei piani di crescita, prevedere gli impatti sulla liquidità, gestire il rischio sistemico, alimentare gli indicatori ESG collegati alla governance.

Esiste però anche un numero significativo di realtà, spesso PMI, in cui il Credit Manager è ancora confinato a un ruolo prevalentemente operativo. In questi contesti la percezione dei vertici è spesso focalizzata su una visione tattica della funzione, e non su quella strategica. Il rischio è duplice: si sottovalutano gli effetti del rischio di credito sulla sostenibilità a medio-lungo termine e si perde l’occasione di integrare le competenze del Credit Manager nelle analisi di scenario e nelle scelte aziendali più rilevanti.

Il quadro normativo e competitivo, però, sta spingendo fortemente verso un cambio di paradigma. Il nuovo Codice della Crisi, i requisiti ESG, la crescente pressione delle banche sulla qualità degli incassi, l’esigenza di monitorare gli early warning e il progressivo aumento dell’incertezza economica stanno portando molti vertici aziendali a comprendere che la sostenibilità finanziaria è la condizione necessaria per poter investire in qualunque altra sostenibilità e che questa sostenibilità passa inevitabilmente attraverso le competenze del Credit Manager.

In sostanza, la direzione è tracciata: il riconoscimento strategico del ruolo del Credit Manager sta crescendo, ma il percorso non è ancora completato. Le aziende più evolute hanno già compreso che la governance del credito è un asset fondamentale, non un mero processo di back office. Le altre, spinte dai cambiamenti del contesto normativo e competitivo, sono chiamate a compiere lo stesso salto culturale. Il Credit Manager del futuro, così come delineato in Credit Manager 2030, sarà non solo un gestore del capitale circolante, ma un attore chiave della sostenibilità complessiva dell’impresa.

Quale impatto avrà l’intelligenza artificiale sulla professione?

(AT) L’adozione di modelli di Intelligenza Artificiale e machine learning consentirà al Credit Manager di valutare esposizioni di diversa entità con lo stesso livello di profondità e coerenza informativa. Questo rappresenterà un passaggio fondamentale per l’equità nei processi decisionali e per l’integrazione con i sistemi ERP e di business intelligence.

Nel nostro modello la tecnologia affiancherà, e non sostituirà, la professionalità umana. La valutazione del rischio non sarà mai un algoritmo puro: avrà bisogno di esperienza, contesto, capacità relazionale e intuito.

Il modello vincente sarà dunque ibrido: l’AI fornirà velocità, precisione e capacità predittiva mentre il Credit Manager aggiungerà capacità interpretativa, negoziale e relazionale. Questa sinergia genererà valore competitivo e le aziende che sapranno costruire questo equilibrio vedranno emergere una nuova generazione di professionisti del credito: più competenti, più strategici, più trasversali.

Si stanno evolvendo anche le competenze che deve avere il Credit Manager? E, se sì, come?

(AT) Il Credit Manager contemporaneo è chiamato a comprendere, contestualizzare, interpretare. Il valore si sposta verso la capacità di “leggere tra le righe”, trasformare una previsione in spiegazione, un dato in decisione.

Diventano così centrali le competenze relazionali e cognitive, le cosiddette soft skill: come  la comunicazione efficace (saper trasmettere idee, dati, visioni in modo chiaro, persuasivo); l’ ascolto attivo e empatia (capacità di cogliere il punto di vista dell’altro, leggere segnali deboli, relazionarsi con sensibilità e rispetto); il pensiero critico (analizzare situazioni, valutare alternative, identificare contraddizioni, prendere decisioni ponderate); la gestione del conflitto e della negoziazione (trovare soluzioni condivise in situazioni di tensione o divergenza d’interessi) e la leadership.

Una competenza come la leadership assumerà una nuova configurazione: non sarà più centrata sul controllo o sulla gerarchia ma sulla capacità di integrare intelligenze diverse – umane e artificiali – in modo efficace e coerente. La sfida non sarà solo guidare persone ma anche relazionarsi con sistemi intelligenti che agiranno nei processi decisionali: assistenti virtuali, motori predittivi, e modelli di elaborazione del linguaggio naturale che parteciperanno attivamente ai processi decisionali.

Dal punto di vista tecnico dovrà essere un consulente interno; non più solo esecutore ma leader del rischio e della liquidità. Una figura capace di connettere mondi, di anticipare tendenze.

Se doveste dare un consiglio ai giovani che vogliono intraprendere questa carriera?

RD: A un giovane che desidera intraprendere la carriera di Credit Manager darei un consiglio che va oltre la tecnica e le competenze formali: coltivate la curiosità e abbiate coraggio. Sono questi i due elementi che distinguono chi svolgerà questa professione in modo ordinario da chi la interpreterà in modo evolutivo, proiettato verso il 2030 e oltre.

La curiosità è ciò che vi spingerà a non limitarvi a leggere un bilancio, ma a domandarvi perché quei numeri sono così; a non accontentarvi di un processo, ma a esplorare come potrebbe essere migliorato; a non considerare un ritardo di pagamento solo come un problema, ma come un segnale da interpretare. Un Credit Manager curioso non esegue: anticipa. Non subisce il rischio: lo capisce, lo misura e lo governa. Ed è proprio la curiosità a portarvi a studiare nuovi modelli, nuove tecnologie, nuovi mercati, rendendovi professionisti dinamici, capaci di leggere l’impresa a 360 gradi.

Il coraggio, invece, è ciò che vi permetterà di assumervi responsabilità, di prendere decisioni anche quando non esiste una soluzione perfetta, di comunicare posizioni scomode ma necessarie. Richiede coraggio dire “no” quando tutti vorrebbero dire “sì”, richiede coraggio proporre un cambio di policy, implementare un nuovo processo, introdurre strumenti digitali che cambiano le abitudini aziendali. Il futuro del credito ha bisogno di persone che non abbiano paura di innovare, di essere controcorrente, di sfidare prassi vecchie di trent’anni. Un Credit Manager coraggioso è un agente di cambiamento.

Per questo ai giovani dico non limitatevi a seguire il sentiero, provate a ridisegnarlo; non accontentatevi di ciò che vi viene insegnato, andate a cercare ciò che nessuno vi ha ancora spiegato; non abbiate timore di sbagliare: il rischio è parte del mestiere e della crescita; osate proporre, osate innovare, osate guardare oltre il presente.

La professione sta vivendo una trasformazione profonda: dall’amministrazione al risk management, dalla gestione operativa alla partecipazione alle strategie aziendali. In questo scenario, i giovani con curiosità e coraggio non saranno semplici “nuovi arrivati”: diventeranno la forza disruptive capace di far evolvere la funzione in chiave moderna, digitale, sostenibile e orientata al valore.

Scegliete questa carriera se avete il coraggio di porvi domande scomode e la curiosità di cercare risposte nuove. È così che si diventa Credit Manager del futuro, non seguendo la strada, ma trovandone una migliore.

“La curiosità apre le porte, il coraggio le spalanca.”

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