di:  

Il nuovo Credit Manager: tra sostenibilità, AI e governance

Negli ultimi mesi si è parlato tanto di Intelligenza Artificiale, sostenibilità e nuove regole europee. Si è parlato forse meno di una figura che, nel silenzio degli uffici amministrativi, tiene insieme tutti i pezzi del puzzle: il credit manager.​

Per anni, il Credit Manager è stato visto come il “poliziotto del credito”.

Oggi questo cliché non solo è superato, è anche pericoloso. In un contesto in cui liquidità, rating bancario, piani ESG e continuità aziendale dipendono dalla qualità del portafoglio clienti, relegare il Credit Manager al ruolo di mero sollecitatore di pagamenti significa rinunciare a uno dei pochi veri presidi di sostenibilità finanziaria che l’azienda ha a disposizione.​

La verità è molto semplice: non esiste sostenibilità ambientale o sociale senza sostenibilità finanziaria. Se i crediti si trasformano in NPL, se il capitale circolante esplode, se le tensioni di incasso diventano strutturali, qualsiasi piano di transizione green o di welfare interno diventa pura narrativa.​

In questo scenario, il credit manager è il primo “sensore” della realtà. È la figura che intercetta per tempo i segnali deboli sul comportamento di pagamento dei clienti, misura l’impatto delle politiche commerciali sulla liquidità, traduce condizioni, dilazioni e sconti in numeri che parlano al CFO e alle banche. È, di fatto, uno dei pochi ruoli in grado di dire se la direzione intrapresa dall’azienda è sostenibile o meno.​

Il Credit Manager è destinato ad avere un ruolo sempre più cruciale in azienda, a sedere nei tavoli “che contano”, ad assumere una posizione quasi “politica” in azienda. Mediare tra esigenze di fatturato e presidio del rischio, tra tesoreria, vendite, legale, risk e, sempre più, tra impresa e mondo ESG.

A tutto questo si aggiunge inoltre la trasformazione portata dall’AI. L’Intelligenza Artificiale sta entrando a pieno titolo nel credit management, dalle piattaforme bancarie ai sistemi di scoring e di recupero crediti AI-driven. Senza un Credit Manager capace di leggere, interpretare e quando serve contraddire il modello, le aziende rischiano di perdere l’opportunità di tradurre output complessi in scelte comprensibili e immediate.

Infine, c’è un altro aspetto, menzionato all’inizio, ma spesso ignorato: la gestione del credito è una cartina di tornasole della coerenza ESG di un’azienda. Come tratto i clienti in difficoltà? Come strutturo le politiche di recupero? Quale spazio lascio a soluzioni negoziali rispetto al contenzioso immediato?​

Il Credit Manager può essere la voce che ricorda che certi comportamenti verso la clientela non sono solo un tema di rischio, ma di reputazione, di relazione di lungo periodo e, sempre più spesso, di accesso alla finanza sostenibile.​

In questo quadro, quindi, la vera domanda per il 2026 non è che cosa debba fare il Credit Manager, ma che cosa vogliono farne le aziende. Continuare a usarlo come “ultima linea di difesa” o riconoscerlo come presidio di sostenibilità finanziaria, digitale e di governance?​

Il punto, in fondo, è questo: possiamo continuare a raccontarci che la sostenibilità è una questione di report e di label, oppure accettare che passa anche (e sempre di più) da come gestiamo il credito.

Il nuovo Credit Manager è pronto a giocare questa partita. La vera incognita è se le aziende saranno disposte a dargli il pallone.

CONDIVIDI QUESTO ARTICOLO!