Il nuovo Outlook ABI-Cerved sui crediti deteriorati delle imprese fotografa un’Italia esposta alle turbolenze geopolitiche e commerciali, ma capace di mantenere una relativa stabilità nel sistema creditizio. I tassi di deterioramento del credito sono in aumento, ma restano ben lontani dai livelli di crisi del passato.
Tassi di deterioramento del credito: si raggiungerà il 3% nel 2026
Il rapporto ABI-Cerved 2025-2027 sui tassi di deterioramento del credito delinea uno scenario in cui le tensioni internazionali e la volatilità economica continuano a influenzare la qualità del credito. La combinazione tra conflitti ancora aperti, come quelli in Ucraina e in Medio Oriente, e le nuove politiche protezionistiche statunitensi, che introducono dazi fino al 50% su alcuni beni europei, rappresenta un fattore di pressione per le aziende italiane. Le misure tariffarie adottate dall’amministrazione americana, con un’aliquota media del 15% sull’export europeo, potrebbero infatti rallentare il commercio globale e incidere negativamente sulla redditività delle imprese.
In questo contesto, l’Outlook evidenzia una crescita moderata dei tassi di deterioramento del credito, cioè la quota di prestiti che da regolari diventano deteriorati, comprendendo sofferenze, inadempienze probabili e crediti scaduti. Il tasso medio nazionale passerà dal 2,6% del 2024 al 2,9% nel 2025, raggiungendo il 3,0% nel 2026 per poi stabilizzarsi nuovamente al 2,9% nel 2027. Si tratta di valori in linea con quelli registrati nel 2019 e sensibilmente inferiori rispetto al picco del 7,5% toccato nel 2012, nel pieno della crisi dei debiti sovrani.
La Banca d’Italia conferma la stessa tendenza. Il tasso di deterioramento del credito delle società non finanziarie è cresciuto dal 2,16% del 2022 al 2,33% nel 2023, fino a raggiungere il 2,55% nel 2024. Anche per le famiglie consumatrici si osserva un lieve aumento, ma su valori prossimi ai minimi storici, con un passaggio dallo 0,77% del 2022 all’1% nel 2024.
Settori e imprese più vulnerabili nel triennio 2025-2027
Le stime contenute nel rapporto indicano che l’aumento dei tassi di deterioramento interesserà tutte le classi dimensionali di impresa, seppure in misura differente. Le microimprese, tradizionalmente più esposte, vedranno un incremento dal 2,8% del 2024 al 3,1% del 2025, valore destinato a rimanere stabile fino al 2027. Le piccole imprese passeranno dal 2% al 2,3%, le medie dall’1,7% al 2%, mentre le grandi aziende registreranno una crescita dallo 1,4% all’1,8%, con una lieve risalita fino all’1,9% nel 2027.
L’analisi settoriale conferma un peggioramento generalizzato, con l’industria e le costruzioni tra i comparti più colpiti. Il tasso di deterioramento per l’industria salirà dal 2,3% del 2024 al 2,7% nel 2025, superando il livello pre-pandemico del 2019, pari al 2,3%. Le costruzioni passeranno dal 2,8% al 3,1%, continuando a rappresentare il settore più rischioso del panorama economico nazionale. Anche i servizi e l’agricoltura mostreranno un lieve peggioramento, con un passaggio rispettivamente dal 2,7% al 2,9% e dal 2,6% al 2,9%.
Nel biennio successivo, i valori dovrebbero stabilizzarsi o mostrare un leggero miglioramento. Nel 2026 i nuovi crediti in default cresceranno lievemente per poi diminuire nel 2027, quando il tasso medio tornerà al 2,9%. Il settore delle costruzioni rimarrà comunque il più vulnerabile con un valore del 3,2% a fine periodo, seguito dall’industria con il 2,7%.
Le differenze territoriali e la resilienza del sistema bancario
L’analisi territoriale dell’Outlook ABI-Cerved mostra come i tassi di deterioramento siano in aumento in tutte le aree del Paese, ma con una riduzione del divario tra le zone più rischiose e quelle più virtuose. Nel 2025 il Mezzogiorno si conferma l’area con la maggiore incidenza di crediti deteriorati, con un tasso del 3,7%, seguito dal Centro con il 3,3%, mentre Nord-Ovest e Nord-Est registrano rispettivamente il 2,6% e il 2,1%. Anche nel 2027 il quadro rimane sostanzialmente invariato: il Sud e le Isole conservano il primato della rischiosità con un tasso del 3,8%, contro il 2,1% del Nord-Est, che si conferma l’area più solida del Paese.
Il contesto macroeconomico prevede, nel triennio considerato, una crescita contenuta del PIL italiano: +0,6% nel 2025 e +0,8% nel biennio 2026-2027. I consumi delle famiglie rappresentano il principale motore della domanda interna, mentre l’export, penalizzato dalle tensioni commerciali, mostra segnali di rallentamento. L’inflazione è attesa in discesa, con valori compresi tra l’1,6% e l’1,7%, mentre la politica monetaria della BCE si manterrà moderatamente espansiva.
Sul fronte bancario, i dati di Banca d’Italia indicano una sostanziale tenuta del sistema. A marzo 2025, le sofferenze lorde e gli altri crediti deteriorati lordi ammontano a 57,8 miliardi di euro, in calo del 4,7% rispetto all’anno precedente. In termini netti, al netto delle rettifiche di valore già contabilizzate, il totale scende a 30,2 miliardi, con una riduzione dell’1,4% rispetto a marzo 2024. Tuttavia, si registra un aumento significativo dell’importo medio dei default, cresciuto del 42% nel 2024, da 630 mila euro a quasi 900 mila.