di:  

Affitti brevi, tasse in aumento dal 2026: l’aliquota lievita al 26%

Nella bozza della Legge di Bilancio il governo introduce un aumento di cinque punti sulla cedolare secca per le locazioni brevi. Duro il fronte delle associazioni e dei partiti di maggioranza.

Dalla prima bozza della Legge di Bilancio emerge l’intenzione del governo di intervenire sulla tassazione degli affitti brevi, prevedendo un incremento dell’aliquota di 5 punti percentuali. Dal 1° gennaio 2026 la cedolare secca agevolata, ovvero la tassazione sostitutiva vigente che consente di escludere le addizionali regionali e comunali e di non sommare i redditi da locazione breve all’imponibile Irpef, passerà dal 21% al 26%. L’aumento avrà effetto immediato anche sulle ritenute d’acconto operate dagli intermediari, aggravando il peso fiscale sui flussi gestiti online.

L’intervento, oltre a garantire coperture per le altre misure di bilancio, si inserisce nel più ampio tentativo del governo di contenere la proliferazione degli affitti brevi, considerata da tempo una delle cause dell’aumento dei canoni nelle grandi città turistiche.

Cedolare secca: prima e dopo l’aumento

A disciplinare il sistema attuale di tassazione degli affitti brevi è la legge 50 del 2017. Prevede che chi affitta un immobile per periodi inferiori a trenta giorni possa scegliere tra due opzioni fiscali: inserire i proventi nel proprio reddito complessivo, con tassazione Irpef e relative addizionali, oppure optare per la cedolare secca, un’imposta sostitutiva che semplifica gli adempimenti e sostituisce le imposte sui redditi, di registro e di bollo.

La stessa legge definisce inoltre, nel dettaglio, cosa si intende per “affitti brevi”: comprende i contratti di locazione di immobili abitativi con durata non superiore a 30 giorni, stipulati da persone fisiche, direttamente o tramite intermediari anche telematici, come Airbnb o le case vacanze. Sono coinvolte esclusivamente le abitazioni collocate sul territorio italiano e possono essere incluse anche eventuali pertinenze e servizi accessori come pulizie e fornitura di biancheria.

Si tratta di un regime agevolato – come accennato poc’anzi – riservato ai privati che non svolgono attività imprenditoriale nel settore degli affitti turistici. Il limite previsto, affinché non si possa considerare attività d’impresa – è di quattro unità immobiliari contemporaneamente locate. Oltre tale soglia, è necessaria l’apertura della partita Iva.

Dal prossimo gennaio, se l’articolo 7 della nuova manovra dovesse essere confermato senza modifiche, sia i privati sia i sostituti d’imposta saranno tenuti ad applicare l’aliquota del 26%. Il nuovo provvedimento non è esente da potenziali “effetti collaterali”: la rimozione dell’incentivo fiscale potrebbe infatti scoraggiare l’apertura di nuove case vacanze e, in prospettiva, limitare l’espansione del settore extralberghiero.

Gli immobili coinvolti

Ma quanti immobili ricadono in questa stretta? Secondo i dati di Aigab, l’associazione italiana gestori di affitti brevi, attualmente gli edifici effettivamente presenti online, sulle diverse piattaforme, sono 502mila. Il 96% appartiene a proprietari singoli, che affittano la propria seconda casa.

Un gettito potenziale da 438 milioni di euro

Secondo le statistiche del Ministero dell’Economia e delle Finanze sulle dichiarazioni dei redditi 2023, i contratti di locazione breve stipulati da comodatari e affittuari – circa 30 mila contribuenti – hanno generato un imponibile di 438 milioni di euro. Un contributo modesto rispetto al gettito complessivo, ma sempre utile a finanziare parte delle misure della manovra.

Le critiche del settore e le fratture nella maggioranza

Le reazioni non si sono fatte attendere. “Non avevamo avuto sentore di questo ennesimo intervento sugli affitti brevi, né di un aumento della tassazione in questo caso mirato sui proprietari che hanno una sola casa data in locazione”, ha dichiarato Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia a SkyTG24. “Se l’obiettivo del governo è favorire le locazioni di lungo periodo, la strada giusta non è punire le seconde, bensì incentivare le prime. Abbiamo proposto di dimezzare l’Imu per gli immobili locati a canone concordato e di estendere ovunque la cedolare al 10% per questa tipologia di contratti”.

Sulla stessa linea Marco Celani, presidente di Aigab, che parla di “stangata sulle famiglie e sul ceto medio, destinata ad aumentare l’evasione e ridurre il numero di immobili disponibili sul mercato”.

Anche sul piano politico la misura divide la maggioranza. Il vicepremier e ministro ai Trasporti e infrastrutture, Matteo Salvini ha espresso “forti perplessità”, sottolineando che “non è un buon modo per sostenere la domanda interna e l’iniziativa privata”. Voci contrarie anche in Forza Italia. Il presidente dei deputati, Paolo Barellisu Il sole 24ore – ha commentato: “Forza Italia è contraria all’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi in assenza di una distinzione chiara tra utilizzo saltuario e attività imprenditoriale”. Totalmente contrario anche Raffaele Nevi: “Non ci sembra equo equiparare la casa al trading sulle criptovalute”, riferendosi al fatto che la Manovra punta ad abbassare dal 33% al 26% l’imposta sugli stablecoin.

“Non si può penalizzare chi possiede una casa e la affitta in tempi brevi, quindi vedremo… – ha dichiarato infine il vicepremier Antonio Tajani – C’è tutta la possibilità di correggere”.

CONDIVIDI QUESTO ARTICOLO!