L’aumento degli stipendi 2026 si profila come il risultato di una combinazione articolata di interventi fiscali e rinnovi contrattuali che interesseranno lavoratori pubblici e privati. Secondo le stime Istat, la dinamica retributiva resterà superiore all’inflazione, pur senza colmare del tutto il divario accumulato negli ultimi anni.
Aumento degli stipendi 2026: il quadro macroeconomico e le stime Istat
L’aumento degli stipendi 2026 si inserisce in un contesto economico ancora segnato dagli effetti cumulati dell’inflazione e da una crescita disomogenea dei diversi comparti produttivi. Secondo l’Istat, il prossimo anno dovrebbe registrare un incremento medio delle retribuzioni pari al 2,4%, dopo un rialzo stimato al 2,9% nel 2025. Si tratta di una dinamica che, come già avvenuto nel 2024, consentirebbe di assorbire integralmente la crescita dei prezzi, senza tuttavia colmare il ritardo accumulato rispetto ai livelli pre-pandemici.
Il dato strutturale resta infatti critico. A settembre, le retribuzioni contrattuali reali risultavano ancora inferiori dell’8,8% rispetto ai valori di inizio 2021. Nell’analisi sulle prospettive economiche per il biennio 2025-2026, l’Istat evidenzia come nel terzo trimestre del 2025 gli aumenti salariali abbiano continuato a superare l’inflazione, seppur con un ritmo meno sostenuto rispetto ai trimestri precedenti. Questa moderazione viene attribuita alla sostanziale stagnazione dei servizi privati e al rallentamento dell’industria, solo parzialmente compensati dal contributo del pubblico impiego, sostenuto dall’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale.
Fisco e lavoro: flat tax, Irpef e incentivi in busta paga
Un ruolo centrale nell’aumento degli stipendi sarà giocato dalle misure fiscali previste dalla manovra finanziaria. In particolare, per tutto il 2026 è attesa una tassazione ridotta su lavoro notturno, prestazioni festive e ore straordinarie, applicabile ai lavoratori dipendenti con redditi fino a 40mila euro. Su queste maggiorazioni sarà introdotta una flat tax del 15%, con l’obiettivo di incrementare il netto in busta paga e incentivare la disponibilità al lavoro aggiuntivo.
Nel settore pubblico dovrebbe arrivare un’analoga agevolazione fiscale sul salario accessorio, sempre con aliquota al 15%, ma con un tetto massimo di 800 euro annui per i dipendenti con redditi fino a 50mila euro. A questo si aggiunge una misura specifica per il settore privato. Una flat tax del 5% sugli aumenti contrattuali per i lavoratori con stipendi fino a 28mila euro, applicabile anche ai contratti che verranno firmati nel corso del 2026. Secondo le stime, questo intervento interesserà circa 3,3 milioni di lavoratori.
Il ceto medio guarda inoltre con attenzione al ritocco dell’Irpef, che riduce dal 35% al 33% l’aliquota per lo scaglione di reddito compreso tra 28mila e 50mila euro. La misura dovrebbe beneficiare circa un terzo dei contribuenti. Le valutazioni dell’Ufficio parlamentare di bilancio stimano un vantaggio medio annuo pari a 408 euro per i dirigenti, 123 euro per gli impiegati e 23 euro per gli operai, mentre i lavoratori autonomi otterrebbero mediamente 124 euro e i pensionati circa 55 euro.
Contratti collettivi, pubblico impiego e prospettive per il 2026
A sostenere ulteriormente l’aumento degli stipendi in Italia contribuiranno i rinnovi dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Tra i più rilevanti figura l’accordo dei metalmeccanici, che interessa oltre un milione e mezzo di addetti e prevede un incremento minimo di 205 euro nel periodo compreso tra giugno 2025 e giugno 2028. Sul fronte pubblico, sono attesi i rinnovi 2025-2027 della Pubblica amministrazione.
Particolarmente rilevante è il comparto scolastico. Con la firma imminente del Ccnl 2022-24, circa un milione e trecentomila dipendenti riceveranno tra gennaio e febbraio 2026 un incremento medio di 70 euro, che si sommerà a un importo analogo già erogato da oltre un anno sotto forma di indennità di vacanza contrattuale. Nello stesso periodo verranno liquidati anche gli arretrati economici, stimati attorno ai 1.600 euro per lavoratore.
Infine, anche nel 2026 resterà in vigore il cosiddetto bonus Giorgetti per chi sceglierà di posticipare il pensionamento pur avendo già maturato i requisiti. La misura garantisce un incremento del 9% in busta paga attraverso l’esonero dalla quota di contributi IVS normalmente a carico del lavoratore.








