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DDL 978

DDL 978: la riforma che accelera il recupero crediti ma divide il mercato

Il DDL 978 ridisegna il sistema italiano del recupero crediti, spostando l’asse dalla tutela giudiziaria alla rapidità esecutiva. Un provvedimento che promette efficienza e competitività, ma che solleva timori per l’equilibrio tra creditori e debitori.

DDL 978: una riforma che cambia gli equilibri del credito

Il panorama del recupero crediti italiano è prossimo a una svolta epocale. Con l’approvazione in Commissione Giustizia del DDL 978, il legislatore introduce un meccanismo che elimina il filtro del giudice nelle prime fasi del procedimento, affidando all’avvocato del creditore la facoltà di emettere un’intimazione di pagamento con valore esecutivo. In pratica, se il debitore non si oppone entro quaranta giorni, quell’atto diventa titolo esecutivo a tutti gli effetti.

Il disegno di legge, a firma di Erika Stefani e sostenuto dai senatori Gianni Berrino e Salvatore Sallemi, nasce con un obiettivo dichiarato, ossia snellire la giustizia civile e accelerare il recupero dei crediti. Uno dei principali freni alla competitività economica del Paese

Secondo i dati Istat e del Ministero della Giustizia, nel 2023 in Italia sono stati avviati oltre 400.000 procedimenti monitori, con un’incidenza del 35-40% sul contenzioso civile complessivo. Si tratta di una mole enorme, che incide sulla lentezza del sistema e scoraggia imprese e investitori.

Il DDL 978, dunque, interviene nel nome dell’efficienza. Semplifica le procedure, riduce il carico dei tribunali e consente ai creditori di agire più rapidamente. Ciononostante, la velocità non è sinonimo di equilibrio e proprio su questo punto si concentrano le maggiori critiche.

Efficienza contro garanzie: il nodo della terzietà

L’innovazione introdotta dal DDL 978 segna un vero cambio di paradigma. La funzione di filtro, finora affidata a un magistrato, passa a un legale di parte. Nel sistema attuale, denominato procedimento monitorio, il giudice verifica la sussistenza dei presupposti per l’emissione di un decreto ingiuntivo, un controllo formale ma fondamentale per garantire l’imparzialità del procedimento.

Con la nuova normativa, questa garanzia verrebbe meno. L’avvocato del creditore, agendo nell’interesse del proprio assistito, avrebbe il potere di produrre un atto che, se non contestato, diventa immediatamente esecutivo. Equiparabile a una sentenza definitiva di condanna o a un decreto ingiuntivo non opposto.

Per i sostenitori della riforma, si tratta di una necessaria modernizzazione che avvicina l’Italia ai modelli europei di giustizia “snella” e restituisce fiducia ai creditori onesti, spesso vittime di una burocrazia paralizzante. Ma per i critici, è un salto nel buio che rischia di minare il principio di terzietà dello Stato, aprendo la porta a una giustizia privatizzata.

La Adusbef (Associazione difesa utenti servizi bancari e finanziari), attraverso le parole del presidente Antonio Tanza, ha espresso forte preoccupazione per le implicazioni sul diritto di difesa. Un’intimazione redatta con linguaggio giuridico e carta intestata di studio legale potrebbe indurre i debitori meno informati a pagare immediatamente, anche quando il credito è contestabile. Un rischio concreto, soprattutto per cittadini, microimprese e professionisti che spesso non dispongono di assistenza legale immediata e per i quali i costi di un’opposizione superano il valore stesso del credito.

Un bilanciamento fragile tra tutela e competitività

Il DDL 978 tocca un punto nevralgico dell’economia italiana, ossia la fiducia nei rapporti commerciali. L’Italia ha uno dei peggiori tassi di recupero crediti in Europa, un dato che penalizza la liquidità delle imprese e alimenta il sommerso. La riforma intende rispondere a questa criticità, riducendo i tempi morti e incentivando comportamenti più virtuosi nel pagamento delle obbligazioni.

Eppure, la semplificazione non può sostituire il controllo. Il rischio, come osservano diversi esperti, è che l’efficienza si traduca in asimmetria di potere tra le parti. Un creditore con struttura legale interna potrà avviare procedure esecutive in pochi giorni, mentre il debitore dovrà reagire in 40 giorni, spesso senza comprendere appieno la natura dell’atto ricevuto.

Le associazioni dei consumatori propongono correttivi, come ad esempio un linguaggio più chiaro, l’indicazione obbligatoria del foro competente e la possibilità di presentare opposizioni tardive in casi eccezionali. Misure che potrebbero ristabilire un minimo bilanciamento tra tutela dei diritti del debitore e rapidità d’azione.

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