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Il prestito vitalizio ipotecario

Tra gli istituti che consentono agli over 60 di monetizzare il proprio patrimonio residenziale, ve n’è uno che, seppure introdotto da alcuni anni, non pare abbia avuto una larga diffusione e cioè il Prestito Vitalizio Ipotecario.
In occasione della recente Fiera del Credito, a conclusione del NPL Day, si è posto l’accento su un tema sociale che è, ormai da anni, sotto gli occhi di tutti e cioè il progressivo invecchiamento della popolazione italiana e, parallelamente, il lento degradarsi del patrimonio edilizio italiano.
Ora, tra gli istituti che consentono agli over 60 di monetizzare il proprio patrimonio residenziale, ve n’è uno che, seppure introdotto da alcuni anni, non pare abbia avuto larga diffusione e cioè il c. d. Prestito Vitalizio Ipotecario.
Tale istituto – seppure introdotto dal decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, poi modificato dall’articolo 1, comma 1, della legge 2 aprile 2015, n. 44 – è stato regolamentato solamente a fine 2015, con il DECRETO DEL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO 22 dicembre 2015 n. 226, Regolamento recante norme in materia di disciplina del prestito vitalizio ipotecario.
In sintesi, chi abbia raggiunto 60 anni di età e sia proprietario di un immobile residenziale non gravato da ipoteche, potrà ottenere un prestito vitalizio (e, quindi, per tutta la durata del sottoscrittore) ed ipotecario (quindi garantito da ipoteca).
L’estinzione del debito potrà avvenire alla morte del sottoscrittore ovvero del coniuge e/o convivente più longevo: gli eredi potranno rimborsare il finanziamento nel termine di un anno dal decesso del sottoscrittore ed, in tale ipotesi, manterranno la proprietà sull’immobile oggetto del finanziamento; in alternativa, la banca finanziatrice venderà l’immobile al suo valore di mercato: il tutto come meglio analiticamente illustrato in tale Regolamento, cui si rinvia.
Ora, ai fini che qui interessa illustrare, si rileva come l’art. 2 comma 7° del suindicato Regolamento dispone che: “7. Nel caso in cui il soggetto finanziato, al momento della stipula del finanziamento, risulta coniugato, ovvero convivente more uxorio da almeno un quinquennio documentato attraverso la presentazione di un certificato di residenza storico, e nell’immobile posto a garanzia risiedano entrambi i coniugi o conviventi more uxorio, il contratto deve essere sottoscritto da entrambi anche se l’immobile e’ di proprieta’ di uno solo di essi, purche’ i requisiti di eta’ previsti dall’articolo 11-quaterdecies, comma 12, della legge siano posseduti da entrambi i sottoscrittori”.
Di contro, esaminando quanto leggesi nelle condizioni generali di primario istituto bancario italiano (tra quelli che offrono tale servizio), leggesi che:
In caso di convivenza del proprietario con soggetti non proprietari dell’immobile, ma tutti suoi eredi e di almeno 60 anni di età, il finanziamento deve essere erogato con cointestazione a tali conviventi. Diversamente, in caso di convivenza del proprietario con minori di 60 anni, il contratto deve essere intestato unicamente al richiedente / ai richiedenti, e il limite massimo di erogabilità (sia in unica soluzione che in tranche) deve essere ridotto del 25%.
Nel caso in cui il soggetto finanziato, al momento della stipula del finanziamento, risulta coniugato, ovvero convivente more uxorio da almeno un quinquennio, documentato attraverso la presentazione di un certificato di residenza storico, e nell’immobile posto a garanzia risiedano entrambi i coniugi o conviventi more uxorio, il contratto deve essere sottoscritto da entrambi anche se l’immobile è di proprietà di uno solo di essi, purché i requisiti di età previsti dall’articolo 11 – quaterdecies , comma 12, della legge siano posseduti da entrambi i sottoscrittori (60 anni compiuti).
In caso di regolare affittuario residente nell’immobile preso a garanzia, il limite massimo di erogabilità in valore – sia in tranche che in soluzione unica – dovrà essere ridotto del 25%”.
In questo modo, tale istituto bancario ha … fatto rientrare dalla finestra quel che era uscito dalla porta.
Invero, nelle premesse del suindicato Regolamento leggesi quanto segue:
“Ritenuto di accogliere le osservazioni del Consiglio di Stato ad eccezione … della richiesta di modificare il comma 1, lettera g), dell’articolo 3, inserendo, nel novero dei familiari del soggetto finanziato, anche i nipoti ed i discendenti in linea retta, non opportuna in un’ottica di bilanciamento tra gli interessi del soggetto finanziato e quelli del finanziatore, volta a consentire la massima diffusione dello strumento creditizio da regolare, per cui si e’ circoscritta la platea dei soggetti che possono risiedere nell’immobile posto a garanzia del finanziamento alla famiglia nucleare del soggetto finanziato e non a quella parentale”;
In altri termini, tale istituto bancario ha inteso restringere la sfera di applicabilità di tale strumento, richiedendo un requisito non previsto dalla norma ed – anzi – già espunto dal Ministero dello Sviluppo Economico, che, emanando il Regolamento, non ha recepito le osservazioni sul punto del Consiglio di Stato.
Ora, se – come correttamente leggesi nelle suindicate premesse del Regolamento – vanno bilanciati i contrapposti interessi del soggetto finanziato e quelli del finanziatore, è evidente come tale limitazione costituisca una inammissibile (e, come vedremo, illegittima) limitazione dell’autonomia contrattuale dell’aspirante finanziato.
E, d’altronde, non è la prima volta che la giurisprudenza sanziona il comportamento delle banche che – nel tentativo di tutelare la propria posizione – finiscono per porre in essere atti che vengono poi annullati dalla magistratura.
All’uopo, viene in mente il caso deciso dal Tribunale Mantova, sez. II, con sentenza del 24/02/2011, n. 228:
È nulla per illiceità della causa (art. 1344 c.c.) la fideiussione rilasciata alla banca dal padre a garanzia di tutte le obbligazioni del figlio, la quale preveda la solidarietà ed indivisibilità dell’obbligazione fideiussoria nei confronti dei successori ed aventi causa dal fideiussore e venga rilasciata poco prima dell’erogazione al figlio, da parte della stessa banca, di un finanziamento, di importo pari alla fideiussione, garantito da ipoteca sui beni in precedenza donati dal padre al figlio. Detta fideiussione è, infatti, in contrasto con la norma imperativa di cui all’art. 549 c.c., in quanto avrebbe l’effetto di dissuadere il legittimario erede dal promuovere l’azione di riduzione, posto che l’incremento patrimoniale che deriverebbe dal vittorioso esperimento di detta azione sarebbe vanificato dal debito portato dall’obbligazione di garanzia.
Se, quindi, la banca, nell’ipotesi appena esaminata, è stata sanzionata per essersi precostituita una garanzia dichiarata nulla per contrasto con norme imperative, sembra che un esito non dissimile dovrebbe ricevere la previsione sopra esposta mediante la quale è stato indebitamente ristretto il campo d’azione della normativa sul prestito vitalizio ipotecario.
In definitiva, pertanto – e lungi da ogni considerazione di carattere sociologico sull’argomento, esulando il presente scritto da tali finalità – a mio sommesso avviso dovrebbe effettuarsi una più ampia diffusione informativa su tale istituto, affinchè i soggetti finanziabili possano consapevolmente decidere se ricorrere o meno a tale opzione di finanziamento, che ha il non indifferente vantaggio di ottenere una somma di denaro abbastanza elevata, rispetto ad altre e più tradizionali forme di finanziamento.

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