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Open banking, quali i vantaggi?

Un quinto degli intervistati per l’ottavo rapporto di ricerca CRIF-SDA Bocconi, non ha preclusioni nel condividere proprie informazioni personali pur di ottenere vantaggi in termini di servizi innovativi e personalizzati.
Accade, non di rado, che innovazioni o riforme che dichiarano di avere un obiettivo preciso e limitato finiscano per incidere, più o meno involontariamente, su ambiti molto più ampi causando cambiamenti profondi e radicali; è, questo, il caso della PSD2 che nella denominazione sembrerebbe riferita ai soli servizi di pagamento ma che, come tutti hanno ben capito, è la chiave mediante la quale si aprono le porte dell’open banking.
Il punto è: se la nuova normativa abilita le banche e le non banche a offrire servizi innovativi anche, e soprattutto, mediante nuove modalità e regole di accesso ai dati dei clienti/consumatori, questi ultimi, cui spetta il diritto di autorizzare o meno gli operatori ad accedere alle proprie informazioni personali, sono disponibili a dare questa facoltà? E se si, per fare cosa e a quali condizioni?
Con l’ambizione di rispondere a queste domande, l’ottavo rapporto di ricerca CRIF-SDABocconi, a cui quest’anno partecipa anche Nomisma, si è focalizzato sull’analisi della domanda, sulle propensioni e sulle aspettative dei clienti/consumatori: per questo è stato realizzato un questionario di 35 domande che è stato sottoposto, tra maggio ed agosto 2019, ad un campione di 1.225 rispondenti. I temi affrontati sono:
1.    Preferenze e modalità di acquisto dei consumatori e metodi di pagamento utilizzati;
2.    Modalità di utilizzo della banca e dei servizi offerti;
3.    Percezioni ed aspettative rispetto alla banca;
4.    Disponibilità ed interesse dei consumatori a condividere informazioni personali.
Il campione oltre ad essere stato suddiviso in 4 classi demografiche (Baby Boomers, GenX, Old Millennials, Young Millennials) è stato anche segmentato in 3 gruppi distinti in base ad una maggior o minor “attitudine digitale”; questa è stata misurata sulla base delle risposte fornite alle domande relative alle preferenze ed alle modalità di acquisto e di utilizzo della banca e dei suoi servizi ottenendo così tre gruppi (rispettivamente Digital Attitude alta, media e bassa).
La ricerca copre diverse aree e fornisce risposte a molte delle domande che si è soliti porsi quando ci si interroga sulle prospettive dell’industry bancaria; si riportano di seguito alcuni spunti di riflessione:
1)   siamo sempre più sulla rete: il 92,5% degli intervistati è quotidianamente online un’ora o più; l’uso di internet è prevalentemente rivolto a informarsi o stare sui social;
2)   tuttavia nei comportamenti d’acquisto prevale ancora la nostalgia per il piccolo mondo antico: più della metà degli intervistati (64%) preferisce comprare beni e servizi tramite i canali tradizionali, utilizzando come principale strumento di pagamento i contanti (60%); inoltre, le banche tradizionali rappresentano ancora oggi il punto di riferimento per il 50% della clientela e il 70% delle clientela è mono-bancarizzata;
3)   ma il nuovo avanza: più della metà del campione acquista on-line (anche se questa non rappresenta la soluzione principale) aspettandosi rapidità di servizio e convenienza di prezzo; per quanto riguarda l’uso di strumenti di pagamento diversi dal contante è consolidato l’uso delle carte (oltre i 50% usa sempre o spesso le carte di debito e si sta, anche se ancora lentamente, diffondendo l’uso di pagamenti mobile (13% ne fa uso più o meno saltuario)
4)   e i cambiamenti toccano anche i rapporti bancari: se l’apertura del conto avviene prevalentemente in filiale (69%) e quando si tratta di richiedere un finanziamento ancora la metà dei clienti si informa presso lo sportello fisico, se parliamo di investimenti il 61% dei consumatori preferisce informarsi sul sito della banca o attraverso comparatori.
Ma se il mondo sta cambiando e al cliente si apre la possibilità di maggior mobilità e quindi di più alta volatilità nella relazione con la banca, a che punto è lo stato dei rapporti tra istituti di credito e consumatori?
Per analizzare questo aspetto si è fatto ricorso ad un procedimento di clusterizzazione che restituisce la visione di un mondo diviso in due:
–         il 52% di clienti è soddisfatto e fedele alla propria banca con la quale è pronto a condividere informazioni per ottenere servizi bancari articolati;
–         il 48% dei clienti si divide tra un 25% di “aspiranti fedifraghi”, non molto soddisfatti ma ancora poco inclini ad aprirsi a offerte esterne, e un 23% di “delusi” molto disponibili a lasciare la propria banca se dovessero trovare offerte migliori.
Rispetto a questa prospettiva di migrazione della clientela, o anche ad un maggior e più opportunistico cherry picking tra le offerte di una pluralità di banche, diventa davvero cruciale comprendere se il quadro di opportunità che la PSD2 prospetta verrà effettivamente colto.
Come si diceva in apertura, il vero fattore abilitante della diffusione dell’open banking è la disponibilità della clientela a condividere i dati della propria posizione finanziaria complessiva.
Alla domanda “saresti disponibile a fornire alla banca la possibilità di conoscere in maniera completa la tua situazione finanziaria anche presso altre banche” il  20% risponde positivamente. Questo significa che un quinto del campione non ha preclusioni nel condividere proprie informazioni personali pur di ottenere vantaggi in termini di servizi innovativi e personalizzati.
Oltre ad essere un dato estremamente promettente (non dimentichiamo che gli intervistati sono stati chiamati ad esprimersi su qualcosa di cui non avevano esperienza diretta, il che normalmente spinge ad un atteggiamento più conservatore) esso fa emergere un atteggiamento pragmatico, non ideologico rispetto ai dati personali.
Il consumatore non considera una violazione della privacy la condivisione delle informazioni che lo riguardano ma esige che questa generi vantaggi concreti per sé. Lo prova non solo la risposta appena illustrata ma anche quella fornita alla domanda relativa alla disponibilità a condividere i propri dati personali: il 76% risponde positivamente ma solo a fronte di precise contropartite economiche come sconti, coupons, etc.
Vi sono dunque i presupposti perché lo scenario reso possibile dalle disposizioni della PSD2 si realizzi; sta ora alle banche e più in generale all’industry finanziaria (e non?) raccogliere la sfida ed interpretare in modo creativo e innovativo il proprio ruolo ed il proprio posizionamento strategico.
“La PSD2 potenzialmente è un’autentica rivoluzione. Essa impone ai lender di rinunciare a trattare le informazioni acquisite come proprietarie ma il fattore abilitante della diffusione dell’open banking è, prima di tutto, la disponibilità della clientela a condividere i dati sulla propria posizione finanziaria complessiva – commenta Simone Capecchi, Executive Director di CRIF -. Il fatto che un quinto degli intervistati ha dichiarato di non avere preclusioni nel condividere le proprie informazioni conferma l’esistenza dei presupposti affinché lo scenario reso possibile dalla PSD2 si realizzi. Sta ora ai lender, e più in generale all’industry finanziaria nel suo complesso, raccogliere la sfida e soddisfare le esigenze di clienti che, giorno dopo giorno, mostrano la preferenza verso processi veloci, semplici e digitali nonché servizi “non tradizionali”, che non sono ancora stati acquistati presso gli istituti finanziari”.
“I clienti degli istituti di credito sono sempre più interessati a servizi a valore aggiunto, come ad esempio quelli di Personal e Business Financial Management (PFM e BFM), che fornendo una visione a 360° su di tutti i conti correnti, aiutano privati e imprese a gestire al meglio il proprio denaro e  tenere facilmente sott’occhio la propria liquidità, segnalando scadenze e pagamenti e suggerendo quali servizi finanziari utilizzare per non trovarsi in difficoltà e per gestire nel modo più efficace ed efficiente progetti futuri” – aggiunge Beatrice Rubini,  CRIF Executive Director Personal Solutions.
“L’ottavo rapporto di ricerca CRIF-SDA Bocconi, a cui quest’anno partecipa anche Nomisma, si focalizza sul cogliere gli effetti dell’entrata in vigore delle disposizioni della PSD2. In particolare sono state prese in considerazione le disposizioni che aprono le porte al cosiddetto Open Banking – conclude Umberto Filotto, Affiliate Professor di Banking e Insurance presso Sda Bocconi -. Per questo motivo sono state indagate le aspettative dei clienti/consumatori: saranno questi disposti a rendere visibili le proprie informazioni creditizie/finanziarie come contropartita per avere la possibilità di accedere a servizi nuovi e competitivi, a condizioni migliori e così via?”.

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