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Perché si parla di una nuova privatizzazione di Poste Italiane?

Poste Italiane: perché si parla di una nuova privatizzazione?

Poste Italiane, c’è l’ipotesi di una nuova cessione di quote, ma i sindacati sono contrari alla (nuova) maxi privatizzazione

L’ipotesi su Poste Italiane

Secondo alcune indiscrezioni, riportate dalla stampa specializzata (Il Sole 24 Ore), il governo italiano potrebbe privatizzare una quota di Poste Italiane nel 2024. La cessione potrebbe avvenire tramite un’offerta pubblica di vendita (OPV) e potrebbe coincidere con la presentazione del nuovo piano industriale della società.

Le tappe della cessione

L’amministratore delegato di Poste Italiane, Matteo Del Fante, ha annunciato che il nuovo piano industriale della società sarà presentato il 20 marzo 2024, in concomitanza con la pubblicazione dei risultati finanziari del 2023.

Secondo il quotidiano economico-finanziario Il Sole 24 Ore, la cessione sul mercato della quota del 29,26% di Poste Italiane detenuta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) potrebbe fruttare 3,8 miliardi di euro, pari a un quinto dell’obiettivo di privatizzazioni indicato nella Nota di aggiornamento al Def (NADEF) per il prossimo triennio (poco più di 20 miliardi di euro).

I mercati finanziari hanno reagito, per adesso, con freddezza a queste indiscrezioni. Fonti del MEF hanno infatti smentito che sia in corso alcun processo di privatizzazione per le Poste.

Nella NADEF è stato fissato l’obiettivo di privatizzazioni per l’1% del Pil, senza indicare nello specifico le società interessate e la tempistica delle operazioni.

I perché della cessione

Il governo italiano vuole privatizzare Poste Italiane per una serie di motivi, tra cui:

  • Recuperare risorse finanziarie per le casse dello Stato. Poste Italiane è un’azienda in buona salute finanziaria, con un fatturato di oltre 24 miliardi di euro e un utile netto di oltre 1,5 miliardi di euro. La cessione di una quota di Poste Italiane in Borsa potrebbe generare entrate per lo Stato di circa 3,8 miliardi di euro.
  • Migliorare l’efficienza e la competitività dell’azienda. I sostenitori della privatizzazione sostengono che la partecipazione del settore privato potrebbe contribuire a migliorare l’efficienza e la competitività di Poste Italiane, rendendola più efficace nel rispondere alle esigenze dei clienti e dei mercati.
  • Aprirsi a nuovi investimenti e opportunità di crescita. La privatizzazione potrebbe aprire la strada a nuovi investimenti e opportunità di crescita per l’azienda. Ad esempio, Poste Italiane potrebbe essere interessata a espandersi in nuovi mercati o a sviluppare nuovi prodotti e servizi.

Cosa ne pensano gli analisti finanziari della potenziale privatizzazione di Poste Italiane?

Gli analisti di Intermonte ritengono che, a differenza della cessione del 25% di MPS, la privatizzazione di Poste Italiane dovrebbe coinvolgere anche gli investitori retail.

Questa scelta sarebbe giustificata dal fatto che attualmente l’11% del capitale delle Poste è già detenuto da investitori retail, che hanno partecipato alla prima tranche di privatizzazione avvenuta nel 2015.

Per questo motivo, gli analisti si aspettano che l’operazione venga effettuata tramite un’offerta pubblica di vendita (OPV), come accennato precedentemente. Tuttavia, ritengono improbabile che il Ministero dell’Economia e delle Finanze decida di cedere la totalità della propria quota nelle Poste, rinunciando così ad un copioso flusso annuo di dividendi (250 milioni di euro al MEF nel 2022).

Gli analisti di Intermonte ritengono anche che il MEF possa sì decidere di vendere una quota rilevante della propria partecipazione in Poste Italiane, ma di mantenere comunque una quota di controllo di circa il 10%.

Questa scelta, secondo gli analisti, sarebbe giustificata dal fatto che quella quota di controllo, insieme alla quota del 35% detenuta da Cassa Depositi e Prestiti (CDP, di proprietà all’82,77% dello Stato sempre attraverso il MEF), garantirebbe comunque al governo un’influenza significativa sulla governance societaria di Poste Italiane.

Effetti sul titolo

Per quanto riguarda gli effetti sui corsi azionari, gli analisti ritengono che la possibile cessione di una quota rilevante della partecipazione del MEF in Poste Italiane potrebbe inizialmente frenare il prezzo del titolo, in attesa di maggiori informazioni su tempistiche e modalità dell’operazione.

Tuttavia, gli analisti ritengono che l’interesse per il collocamento potrebbe essere elevato, considerando il livello di “dividend yield” atteso. Inoltre, l’aumento del flottante potrebbe rappresentare un elemento positivo a livello prospettico, aumentando il peso di Poste Italiane negli indici e riducendo il tema del controllo del governo sul titolo.

Il no dei sindacati

Tuttavia, la privatizzazione delle Poste è una misura in parte controversa. I sindacati e alcuni esponenti della politica (di sinistra) si sono espressi contro la privatizzazione (è nel loro DNA), sostenendo che potrebbe avere un impatto negativo sui dipendenti e sulla qualità dei servizi offerti dall’azienda.

In particolare, i sindacati temono che la privatizzazione possa portare a una riduzione dei posti di lavoro, a un peggioramento delle condizioni di lavoro e a una diminuzione della qualità dei servizi offerti da Poste Italiane.

I sostenitori della privatizzazione, invece, sostengono che i timori dei sindacati sono infondati. A loro avviso, la privatizzazione potrebbe portare a un miglioramento dell’efficienza e della competitività delle Poste, con benefici sia per l’azienda che per i dipendenti.

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