Nel 2024 la retribuzione media annua in Italia ha raggiunto i 32.402 euro, segnando un aumento del 3,1% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, l’inflazione degli ultimi dieci anni ha eroso il potere d’acquisto, accentuando le disuguaglianze territoriali tra Nord e Sud, come rilevato dall’Osservatorio JobPricing.
Stipendi in Italia: la crescita salariale non basta a contrastare l’inflazione
L’Osservatorio JobPricing, con il Geography Index Report 2025, restituisce un’istantanea puntuale sull’andamento degli stipendi in Italia. Dopo anni di stagnazione, la Retribuzione Globale Annua (RGA) mostra segnali di dinamismo: +3,3% nel 2022, +2,0% nel 2023 e +3,1% nel 2024. Nel triennio, i salari hanno seguito un trend positivo che conferma la ripartenza del mercato del lavoro.
Nonostante questo, il confronto con l’inflazione ridimensiona la portata di questa crescita. Negli ultimi dieci anni le retribuzioni italiane sono salite complessivamente del 9,5%, mentre i prezzi sono aumentati del 20,8%. Ciò implica una perdita rilevante di potere d’acquisto per le famiglie, con conseguenze dirette sui consumi e sulla qualità della vita. Colpisce in particolare il dato del Veneto, che registra la flessione più marcata: stipendi cresciuti del 4,5% contro un’inflazione del 21%, con un saldo negativo del 16,5%.
Nord e Sud a confronto: le nuove dinamiche del gap retributivo
Il Geography Index 2025 conferma una costante: gli stipendi in Italia non sono distribuiti in modo uniforme. Solo 7 regioni su 20 e 23 province su 107 presentano retribuzioni superiori alla media nazionale. La Lombardia si conferma al vertice, seguita da Lazio e Trentino-Alto Adige, mentre Basilicata, Calabria e Molise chiudono la classifica.
Milano consolida la sua leadership provinciale con una RGA media di 38.544 euro, seguita da Bolzano, Trieste, Roma e Genova. La presenza diffusa di province lombarde ed emiliane nella fascia alta, tra cui Bologna, Parma, Modena, Piacenza, Monza e Brianza, Brescia e Bergamo, testimonia la forza del tessuto produttivo del Nord Italia. All’estremo opposto, Ragusa, Crotone e Cosenza continuano a evidenziare il divario strutturale del Mezzogiorno.
Eppure, proprio il Sud e le Isole mostrano segnali di vitalità: dal 2015 al 2024 le retribuzioni sono aumentate del 12,8%, contro il 9,0% del Nord e l’11,7% del Centro. Ciò ha contribuito a ridurre, seppur lentamente, il gap salariale: dal 18,6% del 2015 al 14,7% nel 2024. Province come Reggio Calabria, Campobasso e Potenza hanno persino mantenuto stabile il potere d’acquisto grazie a una crescita salariale in linea con l’inflazione.
Retribuzioni e potere d’acquisto: la doppia sfida per imprese e istituzioni
Il rapporto dell’Osservatorio JobPricing mette in luce non solo l’evoluzione degli stipendi in Italia, ma anche le criticità che restano sul tavolo. La ripresa salariale, pur significativa, non riesce ancora a colmare la crisi del reddito reale. Le differenze territoriali restano profonde e dipendono dalla struttura economica locale. Come afferma Matteo Gallina, Responsabile Osservatorio JobPricing, le aree a forte concentrazione manifatturiera con prevalenza di PMI restano indietro rispetto a quelle caratterizzate dalla presenza di multinazionali e settori ad alta redditività, come Milano e Roma.
Per imprese e istituzioni la sfida è duplice. Da un lato, occorre garantire stipendi competitivi in linea con le competenze richieste da un mercato globale sempre più esigente. Dall’altro, è necessario adottare politiche capaci di preservare il potere d’acquisto delle famiglie, evitando che l’inflazione continui a erodere il valore reale delle retribuzioni.
Il Geography Index 2025 restituisce l’immagine di un’Italia in equilibrio instabile: da un lato la ripartenza delle retribuzioni dopo anni di immobilismo, dall’altro la persistenza di squilibri territoriali e di un potere d’acquisto eroso dall’inflazione. Ridurre questa frattura non è solo un obiettivo sociale, ma una condizione imprescindibile per rafforzare la competitività del sistema economico nazionale.