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ACQUISTO CREDITI: OPPORTUNITA’ E INSIDIE

L’ acquisto dei crediti si basa su quattro pilastri: conoscenza del prodotto/settore, due diligence dei portafogli, contratto di cessione, gestione dei crediti acquistati

Il D.M n.53 del 2 Aprile 2015 consente alle agenzie di recupero crediti di acquistare pro-soluto i crediti in sofferenza e/o in stato di insolvenza. Cio’ avviene in un contesto molto dinamico del settore per le elevate aspettative di offerta di portafogli di NPL, per la tendenza alla concentrazione ed internazionalizzazione dei buyers, per le modifiche in ambito normativo che sanciscono il superamento della distinzione tra intermediari finanziari ex elenco generale 106 e intermediari iscritti all’elenco speciale ex art. 107, entrambi unici fino ad oggi ad essere autorizzati all’acquisto dei crediti. Viene costituito un unico Albo degli intermediari finanziari con regole organizzative molto simili a quelle vigenti per le società ex art 107.

L’ acquisto dei crediti si basa su quattro pilastri: conoscenza del prodotto/settore, due diligence dei portafogli, contratto di cessione, gestione dei crediti acquistati. Chi è abituato a gestire i crediti su mandato ha punti di forza e di debolezza relativamente a questi aspetti critici.

La prima riflessione riguarda la conoscenza del prodotto/settore: utilities credito al consumo, leasing e credito bancario. Per acquistare il credito, potere valutare i portafogli, stipulare un contratto che tuteli il cessionario, gestire efficacemente il portafoglio acquistato è necessario avere familiarita’ con il settore. Ovvero conoscere cosa prevedono i contratti da cui traggono origine i crediti, quali sono le principali motivazioni dell’insolvenza, le principali contestazioni, quanto è importante la documentabilità del credito, quali sono gli obblighi del cliente, quali sono i suoi diritti e soprattutto quali sono i key drivers nella gestione. Questo è vero sempre ma lo è ancor di piu’ nelle fasi avanzate dell’insolvenza. Lo è sempre stato ma ancor di piu’ lo è oggi per il rapido infrangersi delle asimmetrie informative tra creditore e debitore. La conoscenza del settore/prodotto è un elemento molto importante perché con la cessione il cessionario si sostituisce definitivamente al cedente nei confronti del cliente e non puo’ tirarsi indietro:  e’ indispensabile quindi che sappia far fronte a tutte quelle situazioni che spesso vengono rinviate alla  mandante.

La due diligence ha lo scopo di stabilire quale sarà la percentuale di recupero del portafoglio in un arco temporale prestabilito che a seconda del prodotto va dai 5 ai 10 anni (e anche oltre). Le società di recupero hanno spesso il vantaggio di aver già gestito i crediti dello stesso tipo e/o originator. Sono quindi in possesso delle percentuali di recupero realizzate in una certa fase. Si tratta però di non confondere la percentuale di recupero realizzate sulle rate scadute rispetto a quelle realizzabili su tutto il credito, di proiettare nel futuro quella percentuale relativa ad una fase applicando certi tassi di decadimento e soprattutto domandarsi se la quota di crediti di cui si ha esperienza è effettivamente rappresentativa del portafoglio in cessione.

La due diligence ha anche l’obiettivo di individuare tutti gli aspetti che devono essere regolati nel contratto. E’ bene esplicitare chiaramente nel contratto di cessione gli obblighi e garanzie reciproche tra le quali la più importante è la certezza, la  liquidita’ ed esigibilita’ del credito. La mancanza di questa clausola espone il cessionario a rischi elevati. Altro principio fondamentale è stabilire la data (generalmente quella di cessione) che costituisce lo spartiacque fra responsabilità e attribuzione di costi e di ricavi tra cedente e cessionario. Inoltre è fondamentale che la comunicazione di cessione al debitore ceduto venga trasmessa su carta intestata della cedente ed espliciti il saldo ceduto. In sintesi in caso di cessione di credito visto che il cessionario subentra nel rapporto di credito e debito (non nel contratto) tra cedente e debitore ceduto per entrambe le parti è fondamentale stabilire chiaramente fino a che momento finiscono le responsabilità della cedente ed iniziano quelle del cessionario. In ogni caso il buon cessionario dovrà avere la capacità professionale di difendere il credito facendo proprie le ragioni del cedente.  Per questo motivo anche il cedente deve essere opportunamente selezionato. Vanno evitati quei portafogli con crediti inesistenti e/o prescritti perché anche se i cedenti dicono che si tratta di casi rari i crediti in sofferenza purtroppo son come le ostriche: ne basta uno “ avariato” per farti venire il mal di pancia.

La gestione di un cessionario è come la gestione di un mandante, il secondo minimizza le rettifiche di valore, il primo massimizza il margine, dato il prezzo d’acquisto, ottimizzando tempi e costi di recupero. A differenza del mandatario costantemente messo a confronto con le performance degli altri mandatari, sottoposto alle strategie di recupero decise dal mandante, con tempi e autonomie limitate; il cessionario sceglie le proprie strategie di recupero, si misura con i propri obiettivi, stabilisce i propri tempi. Ma come spesso succede la libertà ha un prezzo: si accolla il rischio di errori nella valutazione della percentuale di recupero, nella valutazione dei tempi e dei costi, nonchè delle variazioni della congiuntura economica. A differenza del mandatario il cessionario deve perseverare nel recupero, deve saper attendere perché il tempo cambia anche positivamente la situazione del debitore, deve investire in sistemi di controllo, nei processi di gestione per monitorare e correggere costantemente la strategia di recupero, deve provvedere ad aggiornare il corredo informativo delle posizioni. Nello stesso tempo il cessionario deve sempre verificare l’opportunità di sostenere ulteriori costi rispetto ai ritorni attesi.

Gli operatori internazionali del  recupero crediti ci raccontano che in molti paesi del nord Europa la cessione avviene in fasi del ciclo di vita del credito ben anteriori a quanto succeda in Italia;  nello stesso tempo la nostra storia recente ci insegna che continuare a gestire i crediti non fa altro che gonfiare il sistema di sofferenze e rende i bilanci di banche e finanziarie opachi. Potrebbe per tanto esserci un travaso di crediti dalla gestione alla cessione. In mancanza di vigilanza da parte di Banca d’ Italia i cedenti in particolare le banche dovranno operare una selezione molto accurata dei cessionari, prediligendo quelle strutture piu’ organizzate che meglio potranno sostituirli.  Un‘altra opportunità è data dai fondi esteri che non fidandosi più di servicer “disimpegnati” richiedono agli stessi di co-investire in una quota non trascurabile del portafoglio.

di Maria Grazia Pacifico
© Riproduzione riservata


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