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Il credito deteriorato (NPL) in Italia: un approfondimento

Il credito deteriorato (NPL) in Italia: un approfondimento

I prestiti non performanti (NPL) si riferiscono ai prestiti in sofferenza o che è improbabile che vengano completamente rimborsati. La questione degli NPL è significativa in Italia, che presenta un livello elevato di NPL rispetto ad altri Paesi europei.

Cause e fattori degli NPL

Una delle cause principali dell’elevato livello di credito deteriorato in Italia è la prolungata recessione economica del Paese. La crisi finanziaria globale del 2008 ha avuto un impatto particolarmente negativo sull’economia italiana, che da allora ha faticato a riprendersi. Questo ha portato a un alto livello di disoccupazione e a un calo dell’attività economica, soprattutto nel sud del Paese, che ha reso difficile per molte imprese e privati rimborsare i propri prestiti.

La debolezza economica, unita alla rigidità del mercato del lavoro e alla mancanza di riforme strutturali (ancora da completare nonostante le richieste europee a seguito del PNRR), ha reso più difficile per le imprese sostenere la propria attività, e ha aumentato il rischio di insolvenza.

Un altro importante fattore che contribuisce al problema degli NPL in Italia è il sistema bancario del Paese. L’Italia ha un gran numero di banche di piccole e medie dimensioni, molte delle quali hanno (ancor oggi) risorse limitate per assorbire le perdite associate agli NPL.

Inoltre, molte di queste banche hanno ancora un’alta percentuale di NPL nei loro bilanci, il che ha portato a un calo della loro redditività e solvibilità.

Le banche hanno anche risentito di un contesto di bassi tassi di interesse fino allo scoppio della guerra in Ucraina ed alla conseguente speculazione (che ha indebitamente aumentato la speculazione), e di un aumento degli oneri normativi e dei requisiti patrimoniali. Ciò ha reso più difficile per le banche generare profitti e costituire riserve per far fronte a potenziali perdite da NPL.

Le conseguenze per economia e finanza

L’elevato livello di NPL in Italia ha anche conseguenze significative per l’economia e il sistema finanziario del Paese.

Gli NPL possono portare a un calo dei prestiti bancari, che a sua volta può ostacolare la crescita economica, in quanto limita le banche a prestare denaro ad altre imprese ed ai privati. Possono anche portare a una diminuzione del valore degli attivi bancari, rendendo più difficile per le banche raccogliere capitali e mantenere la solvibilità.

Inoltre, livelli elevati di NPL possono portare a un aumento del controllo normativo e del costo del capitale, a causa dell’aumento del premio per il rischio richiesto dagli investitori. Questo può portare a sua volta una spirale di feedback negativi, in quanto l’aumento del costo del capitale può portare a un aumento dei tassi di interesse e delle insolvenze, che a loro volta possono portare a un aumento degli NPL, creando un circolo vizioso.

Cosa è stato fatto per affrontare il problema?

Negli ultimi anni, il governo italiano e l’Unione Europea (UE) hanno preso provvedimenti per affrontare il problema degli NPL in Italia.

Una delle principali iniziative è stata la creazione di un mercato per gli NPL, con l’obiettivo di trasferirli dai bilanci delle banche a società di gestione patrimoniale specializzate. Questo dovrebbe aiutare le banche a ridurre gli NPL e a migliorare la loro solvibilità, offrendo al contempo nuove opportunità agli investitori.

Ciò ha anche contribuito a creare un mercato più efficiente per gli NPL, in quanto la presenza di investitori specializzati può aiutare a prezzare i prestiti in modo più accurato, ed a trovare una soluzione più sostenibile per i mutuatari.

Il governo italiano ha anche attuato alcune norme e misure per aiutare le banche a gestire gli NPL, come l’introduzione della “GACS” (garanzia sui crediti bancari), una garanzia statale sulle tranche senior delle cartolarizzazioni di NPL, ed una bad bank finanziata dallo Stato, “Atlante“, creata per acquistare NPL dalle banche al fine di sostenere la loro posizione patrimoniale. Anche l’Unione Europea ha esercitato pressioni sul governo italiano e sull’Associazione Bancaria Italiana (ABI) affinché accelerassero il processo di gestione degli NPL ed implementassero una soluzione che sostenesse le banche nell’affrontare il problema e proteggesse i contribuenti.

Nel complesso, la questione degli NPL in Italia è complessa, ed è stata causata da una serie di fattori, tra cui la prolungata recessione economica e la struttura del sistema bancario del Paese. Sebbene si stiano compiendo sforzi significativi per affrontare il problema, probabilmente ci vorrà ancora del tempo (quanto?) prima che la situazione migliori ulteriormente. Nel frattempo, sarà importante che il governo, le banche e le altre parti interessate continuino a collaborare per trovare soluzioni che vadano a beneficio sia del settore bancario che dell’economia in generale.

Un approfondimento sugli NPL in Italia

Banca IFIS, nel suo Market Watch dello scorso settembre 2022 (ultimi dati realisticamente disponibili al momento), delinea in modo analitico la situazione del mercato degli NPL in Italia, che qui riportiamo.

Il credito deteriorato nelle banche italiane

Per il triennio 2022-2024 si stimavano 82 mld € di nuovo deteriorato. Rispetto alla previsione dello scorso febbraio, si ipotizzava un incremento di 10 mld € di nuovi flussi, con un posticipo di 6/9 mesi (picco nel 2023), a causa del persistere delle criticità dei prezzi su energia, materie prime e beni alimentari, unitamente all’incremento dei tassi a seguito della politica monetaria più restrittiva.

Il tasso di deterioramento delle imprese era atteso in crescita in misura maggiore rispetto al segmento famiglie (nel 2023, 4% vs 2,3%), a causa del maggiore rischio legato ai finanziamenti ex-moratoria.

Nel triennio 2022-2024 l’aumento dei flussi di deteriorato sarà compensato dalla prosecuzione del processo di de-risking, anche coerentemente ai piani delle principali banche, con un NPE ratio sul sistema bancario del 3,3% a fine 2024.

Il mercato delle transazioni NPL e NTP

Nel complesso del 2022 erano attesi 35 mld € di transazioni NPL, con il mercato secondario ormai componente di rilievo (30%). Si prevevano cessioni di portafogli UTP per 12 mld €, di cui 6 mld € già finalizzate a metà settembre. I dati sembrano essere stati confermati, ma siamo in attesa della pubblicazione finale.

Il mercato manterrà volumi elevati di NPE anche nel biennio 2023-2024 (47 mld € nel 2023 e 33 mld € nel 2024).

A metà settembre del 2022 sono state finalizzate cessioni per 22 mld € di NPE. In particolare, le operazioni con GACS hanno rappresentato il 48% dei volumi, assorbendo il 41% dei portafogli secured transati. La componente unsecured ha pesato il 48% del totale transato, a cui ha contribuito la GACS del veicolo Organa SPV di Intesa Sanpaolo, che ha incluso anche questa tipologia di asset.

Prezzi 2022 in leggero aumento a causa di elevata incidenza delle operazioni con GACS, in aggiunta agli effetti prodotti dai portafogli unsecured più «freschi» (max 12 mesi) piccolo taglio, che incontrano l’appetito degli investitori specializzati sul segmento. L’incremento è mitigato dall’incidenza crescente del mercato secondario.

Al momento non si rileva sui deal 2022 l’effetto di inflazione e aumento dei tassi, che potrebbero avere un impatto sul valore dei nuovi portafogli NPL che arriveranno sul mercato.

L’industria del credito deteriorato

L’industria del credito deteriorato ha lavorato intensamente per la stabilizzazione del sistema finanziario italiano.

Le banche italiane hanno realizzato un importante risultato di de-risking, con una stima di 357 mld € di portafogli NPE ceduti dal 2015 al 2022. Hanno operato ~100 investitori, impiegando ~90 mld € in 7 anni per acquisire nel mercato primario e secondario i portafogli di crediti deteriorati. Lo stock di NPE in Italia è diminuito dai 361 mld € del 2015 a 321 mld € del 2021, grazie alla gestione operata da banche, investitori e servicer.

Dal 2022 si stima un aumento dello stock NPE (377 mld € a fine 2024) per l’incremento dei flussi di deteriorato e la riduzione dei tassi di recupero, soprattutto su ticket di maggiori dimensioni e crediti secured, che richiedono tempi di recupero più lunghi.

Il comparto italiano del credito deteriorato ha visto una crescita continua dei ricavi dal 2013 al 2021 (+90% sull’intero periodo), che proseguirà con un +9% nel 2022 e +4% nel 2023. Lo sviluppo del comparto del credito deteriorato ha significato investimenti in risorse umane e tecnologia, driver di una creazione di valore confermata dalla crescita dell’EBITDA (+20% medio annuo).

Il credito deteriorato delle principali banche nel confronto europeo

L’NPE ratio UE è sceso all’1,9% nel primo trimestre del 2022, il livello più basso dal 2015. L’incidenza dei crediti in stadio 2 è in aumento, come riflesso di una generale previsione di peggioramento del rischio creditizio.

Alla fine del 1° trimestre 2022 il volume dei crediti deteriorati delle banche significative UE si attestava a 384 mld € (16% l’incidenza delle banche italiane), il valore più basso dal picco del 2015, quando lo stock era quasi 1.100 mld €, e l’Italia contribuiva per il 34%.

Il default rate al primo trimestre 2022 di imprese e famiglie italiane era inferiore alla media UE. Tra i Paesi comparabili all’Italia, solo la Spagna registrava un sensibile peggioramento.

L’indebitamento di imprese e famiglie italiane rispetto al PIL ed al reddito disponibile era, rispettivamente, dell’11% e del 33% inferiore alla media europea.

A fronte del contenuto indebitamento di famiglie e imprese, nel primo trimestre 2022 l’Italia mostrava un’incidenza dei crediti bancari classificati in stadio 2 (13,1%) superiore alla media UE (9,1%), e maggiore rischiosità prospettica.

I portafogli assistiti da GACS

Le GACS hanno concretamente supportato il de-risking delle banche italiane e lo sviluppo del mercato Npl con 107 miliardi di cessioni. 20 gli istituti bancari coinvolti, ~32% del totale transato oggi.

Tutti i portafogli assistiti da GACS avviati entro la fine del 2018 hanno registrato una performance inferiore al business plan. Nell’ambito delle operazioni più recenti (dal 2019 a oggi), invece, 11 portafogli su 17 hanno superato i target.

Rispetto al periodo pre-Covid, il trend mensile degli incassi dei portafogli con GACS evidenzia una dinamica del recupero mediamente più bassa. I primi sei mesi del 2022 non hanno mostrato un miglioramento.

Mercato immobiliare e lavorazioni dei tribunali

Il 2021 è stato un anno record per il mercato immobiliare italiano, con un numero di compravendite (749mila) del 47% più elevato rispetto a quello medio registrato negli anni precedenti la pandemia.

Nei primi sei mesi del 2022 sono andati in asta giudiziaria ~78mila immobili, per un controvalore di 11,1 mld €. Un numero di aste ancora comunque contenuto, su cui gravano ancora gli effetti scaturiti dalla chiusura dei tribunali in tempi pandemici. Si prevedeva una forte accelerazione nel secondo semestre 2022.

Dei ~78mila immobili pubblicati all’asta, il 75% era rappresentato da esecuzioni immobiliari, ovvero immobili oggetto di pignoramento; solo il 22% invece era riconducibile a procedure concorsuali, ovvero fallimenti, concordati preventivi e altre procedure attribuibili a crisi societarie.

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