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Le linee guida della BCE sugli NPL

Tracciati gli elementi per attuare una revisione delle strutture operative a presidio del comparto dei crediti deteriorati

La Banca Centrale Europea ha recentemente fornito un documento attestante le principali linee guida che tutte le aziende sono chiamate a seguire per quanto riguarda la gestione dei non-performing loans. È un tema per molti versi critico, vista la quantità di problematiche relative all’argomento e la difficile risoluzione di ognuna di queste. Le situazioni critiche sembrano appartenere infatti a livelli troppo specifici e specializzati per rispondere ad una soluzione univoca.
Tuttavia l’Autorità comunitaria interviene nell’indicazione di elementi strutturali sia generali che di settorizzazione, focalizzando la gestione per classi e sotto classi degli Npl, applicando delle unità specializzate per ogni fase.
Il documento scaturisce da un ampio lavoro sugli Npl condotto da esperti di vigilanza ed è rivolto a tutti gli enti significativi (significant institutions) sottoposti alla vigilanza diretta della BCE, comprese le loro controllate nazionali e internazionali.

Nell’ottica di un’economia micro e macroprudenziale, le Linee Guida mostrano la preminente rilevanza che assume la gestione delle posizioni fin dal loro primissimo presentare elementi che possano far presagire un potenziale rischio di difficoltà / deterioramento. Si spingono le aziende verso una tempestiva identificazione di una potenziale criticità e verso un’assunzione delle determinazioni a cui far seguire l’applicazione delle opportune misure puntualmente delineate dal piano.
Le Linee Guida non sono vincolanti e obbligatorie, ma esse stesse precisano “gli scostamenti devono essere spiegati e motivati su richiesta dell’Autorità di vigilanza”.

Si è chiesto, quindi, alle banche, di definire puntuali piani di azione con le relative proiezioni quantitative; i principali istituti hanno predisposto e inviato in questi giorni i rispettivi programmi sugli Npl.
Senz’altro, per tutte le banche italiane, è un’occasione da non perdere, per cambiare radicalmente strutture e strategie di gestione dei crediti deteriorati.
In Italia i tassi di recupero dei Npl variano significativamente da banca a banca e sono mediamente non adeguati, confermando la necessità di migliorare nettamente l’efficienza dei processi di gestione e recupero.

È difficile fare previsioni su quale sarà l’effettivo mix dei diversi interventi di smaltimento dei crediti deteriorati, tra recuperi diretti, cessioni, cartolarizzazioni (con o senza ricorso alla Gacs), scissioni, altre possibili azioni di matrice pubblica (bad bank) o privata. Quel che è certo è il grande bisogno di rinnovamento e, per adempiere a questa necessità in primis, i piani industriali delle principali banche italiane hanno colto al balzo la Guidance: si prevedono delle cessioni straordinarie di sofferenze, per un valore lordo complessivo superiore a 70 miliardi di euro entro il 2019.

Queste, e molte altre revisioni delle strutture operative che si occupano di crediti deteriorati, saranno possibili grazie alle modifiche e alle nuove proposte di gestione attuabili secondo la Bce. Un punto che emerge come forza propulsiva d’azione, anche in Italia, è la specializzazione: tra i vari punti, si propone anche di creare diverse unità dedicate agli Npl per le diverse fasi del loro ciclo di vita, istituendo un vero e proprio “Comitato Gestioni Npl”. Risulta essere importante anche il monitoraggio di taluni benchmark e un sistema automatizzato di work flow applicato all’intero ciclo di vita degli NPL.
Si presta attenzione anche alla valutazione in maniera esaustiva delle garanzie immobiliari: “le banche dovrebbero dimostrare, attraverso sound back-testing che le assumption utilizzate siano ragionevoli e fondate sull’analisi dell’esperienza maturata, anche attraverso regolari back-test delle valutazioni storiche eseguite in precedenza (un riferimento viene fatto espressamene all’ultima eseguita rima della classificazione della posizione quale NPL) rispetto i precedenti di vendita (per prezzo netto di vendita del collaterale). In ragione della dimensione e del modello di business della banca, il processo di back testing dovrebbe differenziarsi per tipologie di oggetto (es. residenziale monofamiliare, appartamento, magazzino), valutazione dei modelli ed approcci applicati, modalità di vendita (volontaria o forzata) e luogo (la Guidance utilizza il termine “region” che appare interpretabile nel senso di categorizzazione per territorio ma non necessariamente, sotto l’aspetto domestico, in corrispondenza con gli Enti Territoriali).”

La Bce inoltre sottolinea la rilevanza di applicare una chiara e formale definizione del trigger “hand-over” che definisca quando una posizione sia trasferita da una gestione della relazione regolare di business alla competenza della competente Unità NPL, così come quello tra diverse Unità NPL.

Sono molteplici i punti interessanti nella Guidance e sarà ancora più interessante osservare gli sviluppi futuri di tale progetto, sapendo che il panorama degli Npl è in continuo mutamento.

di Karen Giacomello
© Riproduzione riservata

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