Come previsto dal Decreto fiscale varato lo scorso 17 giugno, a decorrere dal 1° luglio 2025 il meccanismo IVA dello Split Payment non è più applicabile alle società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa Italiana. Dovranno ripristinare il regime IVA ordinario. Ecco tutte le novità e le conseguenze.
Dal 1° luglio 2025, cambiano i margini di applicazione dello split payment. Le società quotate in borsa non potranno più applicare il meccanismo della scissione dei pagamenti e dovranno pertanto tornare al regime IVA ordinario, adeguando i propri sistemi di fatturazione.
La novità si inserisce in un processo più ampio di adeguamento del nostro Paese alla richiesta dell’Unione Europea di eliminare totalmente – se pur in modo graduale – il regime dello split payment. L’Italia ha accettato di rimuovere tale meccanismo, ormai consolidato verso la pubblica amministrazione e altre categorie, a fronte di una proroga. La Commissione Europea ha accolto l’istanza, autorizzando l’estensione fino al 30 giugno 2026, ma richiedendo al contempo una revisione dei soggetti coinvolti nella misura.
Vediamo nel dettaglio in cosa consiste la scissione dei pagamenti, quali realtà verranno escluse in questa prima fase e quali saranno le conseguenze per le stesse.
Cos’è lo split payment
Introdotto nel 2015 e disciplinato dall’articolo 17-ter del DPR 633/1972, lo split payment obbliga il committente a versare l’IVA direttamente all’Erario, anziché al fornitore, con l’obiettivo di contrastare l’evasione fiscale nelle transazioni con la Pubblica Amministrazione. Il fornitore emette dunque una fattura con IVA indicata ma non incassata, mentre il cliente, in qualità di sostituto d’imposta, la versa allo Stato.
Fino al 30 giugno 2025, lo split payment è stato applicato alle cessioni di beni e prestazioni di servizi rivolte alla Pubblica Amministrazione, alle società controllate direttamente o indirettamente da enti pubblici, nonché alle società quotate in borsa inserite nell’indice FTSE MIB.
Split payment: escluse le società quotate
In ottemperanza alla Decisione UE 2023/1552 – come accennato poc’anzi – l’Italia ha ottenuto una proroga dello split payment fino al 30 giugno 2026, a condizione però di restringerne il campo di applicazione. Dal 1° luglio 2025 saranno le società quotate in Borsa a non poter più adottare il meccanismo della scissione dei pagamenti. Saranno quindi tenute a ripristinare per le proprie operazioni commerciali l’applicazione dell’IVA, secondo le regole ordinarie.
Rispetto alle modalità operative di tale transizione al momento non sono noti ulteriori dettagli, si attende quindi una nuova normativa che disciplini il processo e i relativi adempimenti.
Nessuna variazione per i liberi professionisti
Per quanto riguarda invece i liberi professionisti – ovvero avvocati, commercialisti, consulenti e altri professionisti che collaborano con la Pubblica Amministrazione – non è prevista alcuna variazione. Le loro fatture sono già escluse dal meccanismo dello split payment.
L’IVA torna in mano al fornitore
Per i fornitori che prestano beni o servizi a società quotate, il cambiamento sarà dunque sostanziale: l’IVA non sarà più versata dal cliente, ma tornerà in capo al cedente/prestatore, con conseguenze dirette su versamenti e reporting. Nello specifico, dovranno indicare l’IVA a debito e versarla direttamente allo Stato nella liquidazione periodica, secondo il normale regime IVA.
Per le stesse società quotate, l’esclusione dallo split payment comporterà una significativa semplificazione delle procedure: non dovranno più applicare la dicitura “operazione soggetta a split payment” nelle fatture ricevute e manterranno il diritto alla detrazione dell’IVA.
Impatto operativo e adeguamenti
La transizione per il superamento dello split payment comporterà un adeguamento significativo delle procedure interne e dei sistemi gestionali, in particolare per quei fornitori che si interfacciano con una clientela diversificata.
In primis, occorrerà identificare e applicare correttamente le diverse casistiche IVA: lo split payment per la Pubblica Amministrazione, il regime ordinario per le società quotate (che, per questi clienti, sostituisce la precedente scissione dei pagamenti) e il reverse charge per alcune operazioni. In secondo luogo, i software gestionali dovranno prevedere logiche multiple.
I riflessi di tale processo si evidenzieranno da subito sui flussi di cassa dei fornitori, che dovranno coprire internamente l’IVA al momento dell’emissione fiscale. Le società quotate, al di là della riduzione della complessità operativa, avranno comunque l’onere di aggiornare le pratiche di contabilità passiva e adeguare i registri IVA.