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Coronavirus e imprese, Bankitalia: misure Governo buone per liquidità e patrimonializzazione, ma maggiori debiti aumentano probabilità di insolvenza

Nell’ipotesi di accesso al credito con garanzie pubbliche, la probabilità di insolvenza passerebbe dal 2,4% al 3%. Nell’ipotesi di accesso al credito incondizionato, invece, la probabilità di default potrebbe aumentare al 4,4%, quasi un punto percentuale sopra il tasso di default atteso prima dello shock Covid- 19

Le misure di sostegno varate dal Governo tra marzo e agosto hanno sostanzialmente annullato il maggior deficit di liquidità delle imprese e ridotto, pur non eliminandolo, il peggioramento nelle condizioni patrimoniali. Il ricorso a nuovi prestiti, anche grazie alle garanzie pubbliche, amplia tuttavia ulteriormente l’indebitamento, in particolare per le aziende più rischiose. L’indebolimento dei bilanci che ne risulta aumenta la probabilità di insolvenza. Queste le principali evidenze emerse nel lavoro condotto dalla Banca d’Italia sull’impatto dello shock generato dall’epidemia di Covid-19 sul fabbisogno di liquidità, la patrimonializzazione, la redditività e la struttura finanziaria di circa 730mila società di capitali, campione rappresentativo di circa l’80% del valore aggiunto e l’87% del fatturato complessivo nazionale. 

Lo studio dal titolo “Gli effetti della pandemia sul fabbisogno di liquidità, sul bilancio e sulla rischiosità delle imprese” mostra infatti che in assenza di un intervento da parte del Governo il forte calo del fatturato avrebbe determinato quest’anno un fabbisogno di liquidità complessivo pari a circa 48 miliardi per circa 142mila imprese, il 19% del totale del campione preso in esame. Inoltre si sarebbe assistito a una netta contrazione degli utili che avrebbe reso sotto-patrimonializzate circa 100mila imprese, pari al 13,8% del totale, che impiegano 1,2 milioni di addetti e che sarebbero entrate in crisi entro il 2020. Grazie alle misure di sostegno, invece, circa 42mila (delle 142mila) imprese potrebbero soddisfare il proprio fabbisogno di liquidità, mentre quello delle rimanenti si ridurrebbe a circa 33 miliardi. Le misure comporterebbero, inoltre, la riduzione del numero di imprese potenzialmente sottocapitalizzate a circa 88mila.

I risultati dell’esercizio di stima, sottolinea la Banca d’Italia, mostrano che le misure di sostegno hanno contribuito a contenere in misura significativa l’impatto della pandemia sulle imprese italiane. Essi suggeriscono, tuttavia, che le misure sono probabilmente andate a beneficio anche di imprese che si sarebbero trovate in difficoltà indipendentemente dal verificarsi della pandemia, un esito difficilmente evitabile a fronte dell’urgenza degli interventi e dell’oggettiva difficoltà nell’identificare i soggetti effettivamente colpiti.

A conferma delle difficoltà delle aziende italiane, Bankitalia sottolinea che restano in deficit di liquidità altre 99.500 imprese, di cui poco più di metà sarebbero state classificate in questo stato anche senza l’epidemia. Inoltre anche in assenza della pandemia 70mila imprese, pari al 9,6% del totale, si sarebbero trovate in crisi entro il 2020. 

Il calo della redditività e l’aumento dell’indebitamento derivanti dall’impatto della pandemia – prosegue la Banca d’Italia – si riflettono in un peggioramento del merito creditizio delle imprese. Attraverso l’In-House Credit Assessment System15 della Banca d’Italia, la stima dell’evoluzione delle principali poste di bilancio permette di calcolare quale sarà, a fine 2020, la probabilità di insolvenza a 12 mesi per un campione di 270mila imprese, rappresentative di oltre il 70% del fatturato delle società di capitali. 

Nell’ipotesi di accesso al credito con garanzie pubbliche, la probabilità di insolvenza crescerebbe di quasi 0,6 punti percentuali passando dal 2,4% al 3%, con un aumento più pronunciato nel settore dell’alloggio e della ristorazione e in quello delle attività artistiche. Nell’ipotesi di accesso al credito incondizionato, invece, la probabilità di default potrebbe salire al 4,4%, quasi un punto percentuale sopra al tasso di default atteso ante Covid- 19. Anche in questo caso i settori dell’alloggio e della ristorazione e quello delle attività artistiche e dell’intrattenimento registrerebbero il peggioramento più forte, unitamente al settore immobiliare. 

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