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Fabrizio Villani (Fintastico): “Vi racconto le difficoltà delle banche nell’applicazione del fintech”

A suo avviso, è più semplice creare una banca fintech che rendere fintech un istituto di credito tradizionale

“La banca del futuro è una fintech: l’incumbent deve saper trasformare il proprio modello di business, sia per quanto riguarda il modo di progettare e distribuire prodotti e servizi, che per il sistema operativo e la capacità di organizzare il lavoro in maniera efficiente, mettendo il cliente al centro”. Così Marco Giorgino, direttore scientifico dell’Osservatorio Fintech & Insurtech, commentando i risultati dell’edizione 2020 del rapporto.

Ma quanto sono fintech le banche italiane? Credit News lo ha chiesto a Fabrizio Villani, cofondatore e head of growth di Fintastico (il TripAdvisor del fintech) e autore con Giancarlo Giudici (professore ordinario di Corporate Finance presso la School of Management del Politecnico di Milano) di “Fintech Expert. Contro il logorio della banca moderna“, pubblicato nel febbraio scorso dall’editore FrancoAngeli.

A che punto sono oggi le banche italiane con l’applicazione del fintech?

Mi piace sempre parlare supportato dai dati. Per questo motivo consiglio di dare un’occhiata all’eccellente “Indagine Fintech nel sistema finanziario italiano”, pubblicata nel dicembre 2019 da Banca d’Italia. Nell’indagine si legge che nel 2016 la spesa per il fintech del sistema finanziario è stata pari a 135 milioni di euro, mentre nel periodo 2017-2020 gli investimenti in fintech ammontano a 624 milioni di euro, dei quali 233 spesi nel biennio 2017-2018 e 391 previsti in quello successivo. Approfondendo, leggiamo come questi investimenti si intendano riferiti a acquisto di software, hardware e impianti tecnologici e funzionamento dei sistemi IT, come se il fintech si limitasse solo a un investimento tecnologico. Ma il fintech è cultura, persone, trasparenza, nuovi valori e solo infine tecnologia.

Quali difficoltà incontrano le banche nell’applicazione del fintech?

Credo che i problemi siamo principalmente culturali, organizzativi e tecnologici.

In primis, come italiani non siamo molto propensi al rischio o più in generale guardiamo sempre con un po’ di diffidenza alle innovazioni. Secondariamente, le istituzioni finanziarie tradizionali devono superare la gestione a compartimenti stagni (dipartimenti), che nella maggior parte dei casi non dialogano in modo aperto e collaborativo tra di loro. Questo non facilita neanche il lavoro sulla crescita e/o aggiornamento delle competenze web. Come “ciliegina sulla torta” abbiamo i cosiddetti legacy system, ovvero sistemi hardware o software ormai in disuso che continuano comunque a essere usati perché chi li utilizza non può sostituirli o, semplicemente, non vuole. Un esempio sono i server fisici, che si contrappongono a quelli in cloud. 

Può farci qualche esempio di applicazioni interessanti del fintech nelle banche italiane?

Il fintech all’interno delle banche italiane si può declinare solo con le regtech, ovvero tutte quelle imprese fintech che si dedicano a sviluppare e rendere più facile l’adozione e la compliance normativa con una nuova regolamentazione o una nuova direttiva (basti pensare a quello che ha rappresentato l’entrata in vigore nel settore finanziario della GDPR, della PSD2 o della Mifid II). 

All’esterno invece, soprattutto durante le fasi più acute della pandemia, abbiamo potuto vedere diverse collaborazioni tra istituzioni finanziarie tradizionali e fintech. Vi faccio qualche esempio: Banca Generali con Credimi; TeamSystem e Banco Bpm sulla piattaforma fintech Incassa Subito; Intesa Sanpaolo con October per l’erogazione di 200 milioni di euro alle pmi. I motivi sono che in questo modo gli incumbent hanno la possibilità di collaborare con soggetti che permettono alle pmi di ottenere in modo rapido, semplice e lineare dei finanziamenti, che contribuiscono in modo concreto a evitare di bloccare la filiera produttiva. Un processo che con una banca tradizionale può durare dai 7 ai 10 giorni, mentre con una fintech  nell’arco di pochi giorni, si passa dall’analisi (il cosiddetto screening) all’erogazione della liquidità.

La spinta propulsiva alla digitalizzazione impressa dal coronavirus può a suo avviso contribuire ad accelerare la modernizzazione delle banche italiane?

Lo spero vivamente, non solo per le banche e il loro capitale umano, ma soprattutto per le pmi e l’economia reale del nostro Paese.  

E’ più semplice ed efficace creare una banca fintech o rendere fintech una banca tradizionale? 

Credo che sia più semplice ed efficace creare una “banca fintech”, ma al giorno d’oggi ho come l’impressione che il termine “fintech” sia abusato. Per essere fintech una società deve offrire un prodotto o servizio basato su innovazione tecnologica, una migliore UX e la trasparenza. Di questo e di altri temi ne parlo in modo più approfondito in “Fintech Expert. Contro il logorio della banca moderna”, pubblicato di recente dall’editore FrancoAngeli.

Quali sono i pro e i contro di creare una banca fintech e rendere fintech una banca tradizionale?

Nel primo caso si parte da zero e si lancia una nuova realtà con un marchio completamente scollegato dalla realtà di partenza. Nel secondo caso, per il modello di business di partenza (di solito quello della banca universale), è praticamente impossibile trasformare una banca tradizionale in una fintech: i margini e le logiche di fondo sono completamente diversi. 

Si aspetta un’evoluzione futura in senso fintech delle banche italiane? Con quali tempistiche?

Credo che nei prossimi mesi e anni vedremo un’accelerazione lato partnership e M&A in ambito fintech e insurtech, in modo da colmare in parte i ritardi strutturali. La pandemia ha accelerato alcune dinamiche sociali che avrebbero tardato 5-10 anni a realizzarsi a pieno (quali la diffusione del food delivery, l’incremento dell’e-commerce, la diffusione dell’e-learning ecc.). Questo si ripercuote anche in ambito finanziario, dove consumatori e imprese come utenti vogliono vivere le stesse esperienze che vivono in altri ambiti sul web. Nel 2025, i confini tra finanza tradizionale e finanza alternativa (fintech) saranno sempre più labili e sarà sempre più difficile distinguere ciò che è fintech da ciò che non lo è. 

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