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Rischio di credito: in vigore il nuovo Codice della Crisi d’Impresa

Il 15 luglio è entrato in vigore il nuovo Codice della Crisi d’Impresa per limitare il rischio di credito, prevenire lo stato d’insolvenza e garantire la continuità aziendale delle imprese

Il 15 luglio scorso è entrato in vigore il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D. Lgs. n.83 del 17 giugno 2022). La norma arriva a seguito di un lungo percorso di approfondimento che trova nella Direttiva UE 2019/1023 un punto di riferimento fondamentale. Si tratta, infatti, di uno strumento innovativo volto ad individuare in anticipo un potenziale pericolo e consentire all’azienda di correre ai ripari.

La normativa ha l’obiettivo di stimolare le aziende ad affrontare le difficoltà economiche finanziarie prima che sfocino in un vero e proprio stato di insolvenza. Il nuovo Codice ha lo scopo rafforzare i sistemi di controllo e garantire la continuità aziendale, promuovendo un approccio proattivo alla gestione della crisi. Pertanto, assumono un ruolo centrale strumenti di programmazione aziendale quali il piano industriale e il budget.

Nello specifico, qualsiasi imprenditore che operi in forma societaria o collettiva ha l’obbligo di:

  • istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, in modo da rilevare tempestivamente lo stato di crisi ed assumere le relative contromisure;
  • attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

Inoltre, l’imprenditore che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico finanziario può richiedere la nomina di un esperto indipendente, rivolgendosi alla CCIAA del proprio territorio, quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa. L’esperto ha il compito di agevolare le trattative dell’imprenditore, con l’obiettivo di evitare eventuali stati di crisi e insolvenza.

Il nuovo Codice introduce, inoltre, l’istituto del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. Esso rappresenta una via d’uscita da quelle situazioni in cui le procedure attuate dall’imprenditore non abbiano dato esiti di tipo negoziale.

Infine, la normativa attribuisce un ruolo “attivo” agli intermediari finanziari e prevede il divieto per i creditori (nei cui confronti operano le misure protettive) di rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione, di modificarli in peius o di anticiparne la scadenza per il mero mancato pagamento di crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell’istanza di accesso alla composizione negoziata.

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