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La crisi economica della Cina: il vero pericolo per il mondo

Il presidente dell’associazione delle imprese europee a Pechino avverte sui possibili effetti negativi di una politica che non promuova l’incremento della domanda interna della Cina.

I viaggi (e le preoccupazioni) del leader della Cina

Xi Jinping è recentemente andato in Francia, Serbia e Ungheria, un segno evidente che la Cina sta riprendendo i rapporti commerciali, in particolare con alcuni Paesi europei considerati amici. La situazione con l’Unione Europea nel suo complesso è molto diversa. Ma quali sono le implicazioni per le aziende europee in Cina? Ne ha parlato di recente Jens Eskelund, presidente della Camera di Commercio europea a Pechino, durante la presentazione del Position Paper annuale. Secondo il numero uno di Maersk China (altra posizione che ricopre), la situazione è complessa, con una sola costante: l’indispensabilità del mercato cinese per l’Europa e, viceversa, di quello europeo per la Cina.

L’agenda cinese e le società europee

La sua impressione è che la Cina abbia ancora come priorità garantire l’accesso al mercato europeo per le sue esportazioni, un mercato estremamente importante, e che non può essere sostituito da altri. Tuttavia, sia il presidente francese Macron sia la presidente della Commissione UE von der Leyen sottolineano che esiste un notevole squilibrio commerciale, con un deficit commerciale tre volte maggiore in termini di valore e quattro volte in termini quantitativi, a favore della Cina. È più che mai necessario aumentare l’export europeo verso la Cina.

Le maggiori preoccupazioni delle imprese europee operanti in Cina

Secondo Eskelund, attualmente, il vero problema significativo è lo stato dell’economia cinese stessa. A differenza dell’anno scorso, quest’anno i problemi interni superano di gran lunga quelli esterni. Mentre gli investimenti nel settore industriale aumentano, quelli nel settore immobiliare sono calati drasticamente. Questo è preoccupante perché, se ci sono problemi con la domanda interna e si continua a investire nella manifattura, l’unica soluzione rimasta è puntare sul commercio estero, che dipende dalla domanda esterna. In questo contesto, sarebbe più sensato investire sulla domanda interna anziché sulla catena delle forniture.

Il disastro cinese di inizio 2024 e il tentativo di attrarre investimenti esteri

Quest’ultimo importante aspetto (quello degli investimenti esteri), sottolinea Eskelund, varia a seconda del tipo di azienda; le situazioni sono variegate almeno quanto le dita di una mano. Ad esempio, se sei una multinazionale con una presenza significativa in Cina, come ad esempio un’importante azienda automobilistica, potrebbero verificarsi molte opportunità interessanti. Se vuoi essere leader nel settore digitale a livello globale, è essenziale essere presenti in Cina; non puoi permetterti di non farlo. Pertanto, specialmente per certi tipi di aziende, è cruciale essere competitive sia dentro che fuori dalla Cina. È anche per questo che alcune aziende stanno sviluppando catene di approvvigionamento specifiche per il mercato cinese. Tuttavia, se sei una piccola o media impresa, la situazione è completamente diversa.

Rischio decoupling?

Le grandi aziende, sebbene non le uniche, si trovano ora nel mezzo di decisioni cruciali, sottolinea l’esperto, adottando un approccio di “attendere e vedere”. Anche le imprese cinesi sono coinvolte, cercando condizioni più favorevoli. Infine, ci sono aziende più innovative e qualificate che vorrebbero beneficiare dei due grandi mercati (Europa e Cina), ma sono ostacolate da circostanze ben note. Queste aziende devono concentrarsi maggiormente su una strategia vincente. Eskelund eviterebbe di utilizzare il termine “decoupling” perché gli eventi recenti indicano che anche la Cina non può più contare solo su se stessa. Piuttosto, è l’Europa che rischia di diventare sempre più dipendente. Tuttavia, le imprese europee continuano ad essere attive in Cina.

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