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Economia post elezioni: quali conseguenze?

Nessuno sa quali possano essere le implicazioni per l’economia dopo il voto di domenica scorsa, con la vittoria del cdx.

Elezioni finite. E adesso?

Finalmente sono arrivate, sono state fatte, e si sono concluse le elezioni politiche che, come sempre, sembrano l’unico argomento trattato da TG, giornali e gente da bar. I risultati elettorali li conosciamo tutti. Le implicazioni per l’economia post-voto, nessuno

I punti in materia di economia da sottolineare fondamentalmente sono tre:

  • È stato un “non evento”
  • Recessione in arrivo
  • Inflazione fino a quando?

Perché un “non evento”?

I sondaggi parlavano chiaro: l’affermazione del cdx sarebbe stata netta, in particolare quella di FdI; la Lega avrebbe perso parecchio rispetto al 2018, così come FI. Il Terzo Polo si sarebbe avvicinato al 10%, per forse non superarlo (come è avvenuto). Il PD sarebbe stato il principale partito di opposizione, con il resto della “sinistra vera” insignificante.

È stato tutto confermato quindi, in definitiva, non è successo niente.

Ma non solo.

La chiave dell’economia italiana, in questo momento, si chiama PNRR. Ed il PNRR, se farlo continuare o farlo interrompere in ogni momento, lo decide l’Europa, cioè la UE, basandosi sulla road map delle riforme che il governo Draghi ha contratto con la Commissione Europea.

E di queste riforme ne mancano ancora 55, in tutti i settori. Se le faremo, nessun problema ad avere i restanti soldi del PNRR. Se il nuovo governo dovesse, in qualche modo, mettersi di traverso ed in contrasto con l’UE, addio soldi.

Questo lo sanno tutti, furbi e meno furbi. Quindi non conviene mettersi in polemica, od apertamente contro, a Bruxelles. Non è stato un caso che i toni su immigrazione e ritorno alla sovranità monetaria (follia) siano stati assolutamente pacati in campagna elettorale. Altro motivo per il “non evento”.

Recessione in arrivo. Perché? E quando?

Negli ultimi anni siamo stati abituati ad un mondo con tassi negativi ed inflazione quasi inesistente. Adesso siamo in una situazione di tassi d’interesse in costante salita ed inflazione galoppante. E con i mercati azionari in zona “orso”, cioè con perdite ancora superiori al 20% annuo.

E’ evidente che famiglie ed imprese siano e stiano andando in crisi, e la stessa cosa si può dire del debito pubblico, i cui interessi sono più alti, il che significa restituire più soldi, alla scadenza, a chi conserva il debito italiano acquistato in questi mesi. E se non lo si facesse, l’alternativa sarebbe solo il fallimento dello Stato.

Quindi la recessione, generata ed acuita dallo scoppio della guerra, che ha esposto il mondo economico e finanziario alla speculazione, è praticamente certa, in un anno che doveva servire da consolidamento alla fine traumatica della pandemia, ed alla sua trasformazione in una situazione cronica (la COVID-19 si sta già trasformando in un’influenza stagionale, come è ovvio che sia data la diffusione dei vaccini e l’immunizzazione progressiva delle persone).

Quando arriverà la recessione? Nessuno può dirlo con certezza. Per qualcuno è già qui. Per gli economisti devono esserci due trimestri consecutivi di crescita negativa.

Il PIL è già in contrazione, sia a livello annuale che mensile, e se le cose in Ucraina non si risolvono (pace, armistizio, accordo, quello che volete, purché ci sia qualcosa) piuttosto in fretta, la contrazione data da quanto espresso prima si farà sentire, e piuttosto in fretta.

Inflazione, dannata o benedetta?

All’inflazione abbiamo dedicato un recentissimo articolo, che potete trovare qui, ed a cui vi rimandiamo per le necessarie puntualizzazioni.

Qui puntualizziamo solo che l’attuale inflazione, +9,1% in Europa ad agosto rispetto al 2,2% dello stesso periodo del 2021, e +8,4% in Italia nello stesso mese estivo, è decisamente davvero troppo alta. Non solo perché prima ce n’era poca o punta, ma perché per trovare inflazione così alta in Europa bisogna tornare ai tempi della Seconda Guerra Mondiale.

Il conflitto in Ucraina, inoltre, ogni giorno che continua minaccia di disgregare l’unione politica europea, visti anche i sodali putiniani come l’Ungheria, vero e proprio cavallo di Troia nell’UE, nonché il proprio deficit commerciale.

E l’aumento inflattivo si evidenzia con l’aumento dello spread tra BTP e Bund, cioè su quanto in più, come detto prima, dobbiamo pagare di interesse a chi acquista il nostro debito (consentendoci di pagare gli stipendi statali, per esempio), e con l’aumento dei rendimenti dei titoli di stato tedeschi, altra cosa che contribuisce ad aumentare il nostro debito pubblico “monstre” (2.795 miliardi, ed in crescita costante mentre state leggendo).

Conclusione

Non ci aspetta un bel periodo, come consumatori, così come non se lo aspettano le aziende. E che lo faccia invece il nuovo governo sarebbe idiota pensarlo, indipendentemente da come la si pensi politicamente.

Soluzioni? Facili non ce ne sono, mai. Inutile negarlo. “La speranza non è una strategia”, si dice nel mondo economico-finanziario. Lo scenario macroeconomico, descritto prima, è duro e difficile da accettare, ma è quello, sia a Bruxelles che a Roma.

In passato l’unione di politiche monetarie e fiscali ha tolto le castagne dal fuoco, ma questa volta pare, al momento, incapace di attaccare contemporaneamente inflazione e contrazione economica.

Due sole cose sono certe: la prima è che ci aspettano tempi duri, ancora per un bel po’; la seconda è che ne usciremo, come sempre, anche se al momento, nessuno, in tutto il mondo, sa come fare a farlo.

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