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Banche, Irap +2% e anticipo sulle Dta: verso l’intesa

Evitato il rialzo a 2,5%, previsto in alcuni emendamenti alla Manovra 2026. Le risorse aggiuntive verranno reperite tramite l’anticipo sulle Dta, meccanismo già utilizzato negli anni scorsi.

L’intesa sulla Manovra 2026, tra il governo e le banche, sembra ormai alle porte: l’aumento dell’Irap per il settore del credito dovrebbe essere limitato a 2 punti percentuali, anziché 2,5 punti, come ipotizzato in alcuni emendamenti. Le risorse mancanti dovrebbero essere recuperate con un taglio della deducibilità delle perdite pregresse.

Il piano di interventi proposto risponde a tre bisogni fondamentali: contenere l’inasprimento fiscale sul comparto bancario, preservarne la competitività e al contempo garantire flussi di cassa immediati per l’erario, facendo leva su strumenti contabili già testati nelle precedenti manovre.

Irap: aliquota al 6,65%

Il primo pilastro del potenziale accordo – come anticipato in apertura – riguarda l’aliquota Irap applicata alle banche: dal 2026 dovrebbe passare dal 4,65% al 6,65%, quota già maggiorata rispetto ad altre imprese. L’ipotesi di spingersi fino a un incremento di 2,5 punti percentuali, portando il prelievo al 7,15%, sembra essere stata definitivamente accantonata nel corso del confronto politico interno alla maggioranza. Determinante, in questo senso, l’azione di Forza Italia, che – come riporta QuiFinanza – avrebbe spinto affinché si rimanesse entro la percentuale fissata nel testo della Manovra, per evitare ulteriori irrigidimenti fiscali su un settore strategico per il finanziamento dell’economia reale.

La scelta di contenere l’aumento a 2 punti percentuali si inserisce in una logica di compromesso: da un lato, il governo conferma l’orientamento a chiedere un contributo aggiuntivo al settore bancario; dall’altro, evita di accentuare la forbice fiscale rispetto al resto del tessuto produttivo, anche per non indebolire la capacità degli istituti stessi di sostenere famiglie e imprese in un contesto macroeconomico ancora esposto a rischi di rallentamento.

Anticipo di liquidità sulle DTA

Il secondo pilastro dell’intesa riguarda la modalità con cui lo Stato incasserà una parte significativa del contributo: non mediante una nuova imposta, bensì tramite un nuovo anticipo di liquidità, sul modello già utilizzato nelle manovre 2024 e 2025. In concreto, il governo punta a ottenere risorse immediate chiedendo alle banche di rinviare al futuro l’utilizzo di un beneficio fiscale già iscritto a bilancio.

Il meccanismo si basa sulle imposte differite attive (Deferred Tax Assets, Dta), benefici che gli istituti di credito mettono a bilancio con la prospettiva futura di pagare meno tasse, su determinate imposte. L’anticipo di liquidità prevede in sostanza che gli istituti bancari sospendano, per il 2026, l’utilizzo di tali benefici, lasciandoli in sospeso per i prossimi anni. A onor di cronaca, si tratterebbe del terzo rinvio consecutivo. In questo modo gli istituti bancari, nel 2026, pagheranno più tasse, pur conservando a bilancio i crediti fiscali generati dalle Dta.

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