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Disegno legge sugli NPL, Grimaldi (UNIREC): “Nessun aspetto positivo”

Con il rialzo dei tassi di interesse, le spinte inflattive e l’incertezza sull’andamento economico che potrebbero portare a un incremento dei crediti bancari deteriorati, il Governo è al lavoro per realizzare un decreto finalizzato ad aiutare imprese e cittadini che hanno contratto dei debiti bancari e sono in difficoltà nel pagarli. Ma cosa prevede il disegno legge sugli NPL?

NPL: il Governo sta pensando a come intervenire sui crediti deteriorati

La proposta di legge prevede il riconoscimento al debitore ceduto di un diritto di opzione e quindi la facoltà di estinguere la posizione debitoria, versando una somma pari al prezzo d’acquisto della posizione da parte della società cessionaria, maggiorata del 20%.  

Tale diritto sarebbe riconosciuto a persone fisiche e piccole e medie imprese, per posizioni sino a 25 milioni di euro.

Secondo la proposta, nella comunicazione di cessione che il debitore riceve dovrebbe essere indicato il prezzo d’acquisto pagato dal cessionario e la possibilità di esercitare entro 30 giorni l’opzione con l’impegno di estinguere la posizione pagando l’importo dovuto al cessionario entro 90 giorni.

In sostanza, prendendo come riferimento un debito bancario di 100.000 euro, se il titolare fatica a ripagarlo, la banca lo cede a un’agenzia di recupero crediti che lo acquista a un prezzo inferiore rispetto al suo valore nominale, supponiamo 30.000 euro. Nel momento in cui l’agenzia si rivolge al debitore per riscuotere il debito, quest’ultimo ha la possibilità di pagare una somma di 50.000 euro (cifra di acquisto + 20% dell’ammontare complessivo del credito).

In questo modo il creditore realizza un utile e il debitore ha regolarizzato la sua posizione pagando una cifra inferiore all’ammontare del suo debito. L’obiettivo della norma è di agevolare le prospettive di recupero dei crediti in sofferenza e favorire e accelerare il ritorno in bonis del debitore ceduto. 

Ma cosa pensano del disegno legge sugli NPL gli operatori del settore? Ne abbiamo parlato con Marcello Grimaldi, Presidente di UNIREC, Unione Nazionale Imprese a Tutela del Credito.

Come ha accolto UNIREC questa proposta di legge, in realtà allo studio già da qualche anno? 

Le proposte di legge presenti alla Camera e al Senato sono diverse e presenti in Parlamento, con sfumature diverse, già dalla scorsa legislatura. La proposta centrale è quella a prima firma dell’On. Congedo, che riproduce quanto già presentato dall’allora Senatore Urso nel 2018.

Sapere che la proposta è stata di nuovo presentata nonostante il chiaro parere contrario di Banca d’Italia formulato già nella precedente legislatura desta preoccupazione perché sembra più una aprioristica presa di posizione del Governo a prescindere dalla ragionevolezza e dalle argomentazioni fornite dalla massima autorità bancaria.

Il tema è che si parte dall’idea che, una volta ceduto il credito, questo sarà recuperato dal servicer nella sua totalità. Ma non è così: si tratta di crediti deteriorati che presentano, per essere tali, una difficoltà di recupero e quel prezzo di cessione esprime il rischio connesso alla recuperabilità che non è certa, oltre ai costi di gestione e di quelli delle procedure legali.

In definitiva, aver utilizzato il prezzo di cessione come parametro di riferimento per dare la possibilità al debitore di estinguere la sua posizione è un errore logico che fornisce un’idea falsa del mercato e del processo di smaltimento degli NPE dai bilanci bancari che invece è un processo virtuoso e ben costruito.

È come se avessimo davanti un ingranaggio con un meccanismo ben funzionante per uno scopo determinato e si volesse inserirlo forzatamente, a colpi di martello, in un altro meccanismo con tutt’altro scopo, con esiti che poi saranno devastanti in termini di impatto economico su tutti gli attori del mercato.

Quali sono i punti di forza e le criticità di questo provvedimento? 

Si tratta di un provvedimento che suscita diverse perplessità, sotto il profilo giuridico oltreché operativo.

In primo luogo, appare lecito – come d’altronde già fatto per l’allora DDL Urso – domandarsi se il testo non presenti elementi di incostituzionalità visto che compromette la libera iniziativa economica privata, ledendo in modo palese l’autonomia contrattuale che è espressione della libera iniziativa economica.

Il ddl introduce “d’imperio”, ex lege, correttivi alla disciplina della cessione dei crediti per come sin oggi conosciuta, intervenendo sugli equilibri contrattuali all’origine delle pattuizioni ma anche delle decisioni di investimento.

Una delle maggiori criticità, sotto il profilo della sostenibilità giuridica, poi sta nella retroattività alla base del provvedimento, considerato che riguarda crediti classificati come deteriorati tra il 1° gennaio 2018 ed il 31 dicembre 2021 e operazioni concluse entro il 31 dicembre 2022. Ma è noto “La legge non dispone che per l’avvenire”, art. 11 delle preleggi, “essa non ha effetto retroattivo”.

In altre parole, un assurdo giuridico, che di fatto impedirebbe il rispetto dei business plan già predisposti con un impatto notevole sui servicer, che non possono certo rispettare le curve di incassi attesi, e sugli investitori, i quali non vedranno i ritorni attesi sugli investimenti già fatti. Banca d’Italia aveva giustamente “sconsigliato vivamente” un simile intervento su operazioni già effettuate all’indomani del DDL presentato dall’allora Senatore Urso.

Di certo il principale effetto è che i Fondi di investimento non investiranno più sul Paese Italia, che così facendo promuove interventi legislativi che modificano ex post “il gioco” e le carte in tavolo.

È un tema di attrattività, che scemerà definitivamente, non solo sul settore dei crediti deteriorati ma su tutti i settori visto che lascerebbe intendere un modus operandi che toglie ogni certezza, e di perdita di credibilità: l’Italia diventerebbe un Paese inaffidabile su cui non investire.

E comunque, ammesso che qualcuno volesse ancora investire, il prezzo pagato dall’investitore ‘coraggioso’ di domani sarebbe un prezzo ridotto, poiché dovrebbe assorbire necessariamente il rischio connesso all’esercizio del diritto di opzione.

Conseguentemente a quel punto gli istituti di credito non avrebbero più interesse a procedere con operazioni di cessione. In altre parole, tutto il sistema si bloccherebbe.

È di tutta evidenza poi che un simile provvedimento avrebbe un effetto dirompente sui conti pubblici.

Sino ad oggi sono 350 i miliardi dei crediti deteriorati che sono stati oggetto di cessione fino al 31 dicembre 2022. 110 miliardi, un terzo circa, riguarda una quarantina, per l’esattezza 42, operazioni di cartolarizzazione garantite dallo Stato (le cc.dd. GACS) per cui gli investitori possono chiedere l’escussione della garanzia presso il Ministero dell’Economia. E non c’è dubbio che si procederà a quel punto all’escussione. Tra l’altro i titoli senior, che sono quelli garantiti da GACS sono solitamente acquistati dalle stesse Banche cedenti, altra assurdità, poiché alla fine le Banche vedrebbero degli introiti a carico dello Stato e dei contribuenti che alla fine del giro sosterrebbero le conseguenze economiche dell’intervento.

Per non parlare dell’impatto negativo su Amco, la società di asset management che fa capo al Ministero dell’Economia e delle Finanze e che ha circa 40 miliardi di asset in gestione: l’impatto per AMCO che compra portafogli di crediti sarebbe analogo e parimenti deleterio come per gli investitori privati.

Scendendo più nelle questioni di dettaglio, appare difficile comprendere come mai il limite delle esposizioni deteriorato sia fissato a 25 milioni di euro, quando l’intento dichiarato del provvedimento è quello di sostenere famiglie e piccole imprese.

Come veramente pericoloso per il sistema è la previsione della cancellazione automatica dalla centrale rischi di Banca d’Italia che avverrebbe in modo ‘automatico’ all’estinzione della posizione, azzerando la storia del debitore ed impedendo una corretta valutazione del merito creditizio del soggetto.

In definitiva, a costo di apparire distruttivo, in tutta onestà in questo tipo di intervento si rinvengono solo aspetti negativi, salvo ad apprezzare lo sforzo, questo sì condivisibile, insito nella proposta, di aiutare le famiglie in difficoltà, ma purtroppo con una soluzione non giusta, pensata in assenza di una visione complessiva di sistema e senza considerare una corretta analisi costi-benefici dell’intervento.

Il disegno di legge si limita ad intervenire solo sui crediti deteriorati già ceduti a terzi e non su quelli ancora presenti nei bilanci delle banche. Quali sono le possibili implicazioni di questa scelta? 

Creerebbe innanzitutto una vera e propria sperequazione tra debitori; in primis perché il diritto di opzione spetterebbe ai soli debitori le cui posizioni sono state cedute dal creditore originari e non agli altri la cui posizione non e’ stata oggetto di cessione; in secondo luogo, perché non tutti i debitori hanno la capacità finanziaria di pagare un prezzo di cessione maggiorato del 20% nei 90 giorni previsti dal testo per saldare la posizione.

In definitiva – altra assurdità – la proposta va a discapito proprio dei debitori meno abbienti.

Anzi, non sfuggirà che anche per tale via vengono violati i precetti costituzionali promuovendo diseguaglianze presso soggetti parimenti in difficoltà sulla base della circostanza che il credito sia stato ceduto o meno.

Per non parlare dei profili di concorrenzialità che sarebbero violati sul piano europeo in relazione alle imprese italiane che sarebbero agevolate da questo condono rispetto a tutte le altre imprese comunitarie.

Qual è l’impatto che avrebbe invece la proposta di legge sull’operatività dell’agenzia di recupero crediti?

La proposta di legge prevede la comunicazione del prezzo di cessione al debitore, andando in questo modo a compromettere la negoziazione condotta dalle agenzie di recupero crediti.

È di tutta evidenza che, se viene esercitato il diritto di opzione, l’attività del servicer è del tutto inutile, attività che invece ha la funzione di rendere possibile la valutazione a 360 gradi della posizione del debitore e delle sue difficoltà e di renderla compatibile con la legittima aspettativa del creditore a veder pagato il debito.

Se l’esercizio del diritto di opzione non viene esercitato è chiaro che ogni forma di negoziazione è inficiata dal fatto che il debitore ha come rifermento il prezzo di cessione che gli è stato comunicato e quindi ogni proposta di chiusura sarà rigettata.

In definitiva l’operatività dei servicer sarebbe compromessa.

Non solo. Il sistema, come concepito, indurrebbe i debitori a non onorare i propri impegni, al fine di pagare meno per il debito contratto, attendendo che questo venga ceduto. Si va a promuovere una ‘cultura dell’inadempimento’, a danno di chi ha sempre onorato i propri debiti e le proprie obbligazioni pecuniarie.

Di più. Una simile proposta già in questi giorni, suggerisce ai debitori morosi l’opportunità di non pagare, visto l’imminente ‘condono’ che il Governo sta per promuovere. Dal vivo racconto degli operatori del settore, i debitori più attenti muovono già argomentazioni per giustificare il persistente inadempimento sulla base della proposta Congedo: un danno ante litteram che già anticipa il possibile disastro futuro per il settore.

Con una situazione economica incerta, come potrebbe essere il modo più efficace per tutelare gli interessi di tutte le parti, secondo UNIREC? 

La giusta via è l’implementazione della direttiva NPL che disciplina il mercato secondario in un’ottica di tutela del debitore, assicurando il rispetto dei principi di trasparenza, delle buone prassi di settore e l’adozione dei giusti presidi di governance, di compliance e di gestione dei reclami.

Il legislatore comunitario con la direttiva è stato chiaro: occorre favorire gli investimenti sul mercato secondario ed al tempo stesso prestare massima attenzione ai consumatori, in una logica che però rimane quella dell’adempimento delle obbligazioni pecuniarie, mediata dall’intervento di un servicer specializzato e ‘autorizzato’, in grado di valutare la concreta situazione economica del debitore e trovare soluzioni anche di saldo e stralcio per un rientro sostenibile, sia per i debitori che per i creditori.

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