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Sostenibilità e finanza, Vandone (MISOM): “Criteri ESG strategici per lo sviluppo aziendale nel medio-lungo termine”

Mai come ora si sta comprendendo l’importanza di integrare criteri ESG nelle strategie aziendali, al punto che potremmo dire che senza l’attenzione a questi fattori uno sviluppo continuativo nel tempo non è possibile. Ma come la sostenibilità entra in azienda e quali strumenti gli imprenditori hanno a disposizione?

Sostenibilità, imprescindibile per lo sviluppo aziendale

La sostenibilità è la sfida inevitabile e impellente di questi tempi. Siamo tutti chiamati a fare la nostra parte, a livello di individui, di istituzioni e di aziende.

Essere sostenibili oggi vuole dire essere lungimiranti, saper guardare al futuro e ragionare in un’ottica di medio-lungo periodo. Per un imprenditore vuole dire finanziarsi e investire con una visione ben precisa e avvalendosi di strumenti in linea con percorso di crescita solido, continuativo e strutturato.

Lo sviluppo sostenibile non è però una via facile. Soprattutto per le piccole e micro imprese che caratterizzano il tessuto imprenditoriale italiano. Ne abbiamo parlato con Daniela Vandone, Professoressa ordinaria di Economia dei mercati e degli intermediari finanziari presso l’Università degli Studi di Milano e Dean della Milano School of Management -MISOM, dove terrà a partire dal 10 novembre 2023 il percorso da lei ideato “Sostenibilità, finanza e impatto sul valore di impresa”.

I criteri ESG sono ormai entrati nelle strategie aziendali. Quanto possono fare la differenza in una strategia di sviluppo a medio-lungo termine?

In generale, il tema della sostenibilità è connesso alla creazione di valore nel medio-lungo periodo poiché gli investimenti sono indirizzati verso attività che non solo generano crescita economica ma contribuiscono anche al raggiungimento di obiettivi ambientali e sociali.

L’impatto sulle strategie di sviluppo è dunque rilevante in termini di migliore performance finanziaria, più efficiente gestione del rischio, accesso al mercato dei capitali a condizioni più favorevoli. Ad esempio, una azienda che si impegna a ridurre le proprie emissioni di gas serra può essere meno esposta a rischi derivanti da future politiche ambientali restrittive o da aumenti dei costi legati all’energia, ai materiali o alla gestione dei rifiuti.

O ancora, una gestione responsabile delle questioni sociali può aumentare l’impegno dei dipendenti e a una maggiore produttività. Inoltre, le aziende che affrontano seriamente la questione della sostenibilità ambientale e sociale possono beneficiare anche in termini di reputazione e relazione con la clientela, con conseguente impatto positivo sulla redditività.

Il sistema finanziario svolge un ruolo determinante nella transizione verso una economia sostenibile, come le istituzioni finanziarie possono essere vicine alle aziende in questo percorso?

L’entità degli investimenti necessari per favorire la transizione richiede l’apporto di risorse private, rendendo imprescindibile il ruolo dell’industria bancaria e finanziaria, che è strategica poiché mobilizza e canalizza le risorse finanziarie necessarie per aziende e progetti promuovendo un allineamento con l’economia sostenibile.

Ad esempio, le banche sono già ora chiamate a integrare i criteri ESG nella valutazione del rischio creditizio; ciò implica considerare gli impatti ambientali, sociali e di governance delle aziende nella valutazione della loro solidità finanziaria e delle prospettive a lungo termine.

Inoltre, le istituzioni finanziarie possono fornire alle aziende l’accesso a finanziamenti specificamente dedicati a iniziative sostenibili, come prestiti verdi, obbligazioni verdi e fondi di investimento sostenibili destinati a sostenere progetti e aziende con un impatto positivo sull’ambiente e la società.

Cosa si intende per impact investing e a che punto siamo in Italia?

L’impact investing è un approccio agli investimenti che ha l’obiettivo di generare non solo un ritorno finanziario ma anche un impatto sociale o ambientale. E’ dunque un modo di investire che va oltre la semplice valutazione dei rendimenti finanziari, prendendo in considerazione anche gli effetti che un investimento può avere sulle persone e sul pianeta.

In Italia l’impact investing è ancora relativamente giovane, ma negli ultimi anni si sta osservando un interesse crescente verso questo tipo di investimenti e sono stati creati diversi fondi di impact investing che mirano a investire in aziende e progetti con una missione sociale o ambientale o strumenti obbligazionari come i Social Impact Bond.

È ancora necessario lavorare su standard e metriche comuni per misurare l’effettivo impatto degli investimenti, ma è verosimile ritenere che l’impact investing continuerà a crescere e a giocare un ruolo sempre più importante nel panorama degli investimenti in Italia e nel mondo. 

La rendicontazione non finanziaria è certamente molto importante per mettere in evidenza il proprio impegno ESG, ma le aziende italiane, in gran parte PMI, sono attrezzate per fornire questo tipo di documentazione?

La rendicontazione non finanziaria è certamente un passaggio epocale e un obiettivo ambizioso soprattutto per le imprese di medie e piccole dimensioni, anche a causa delle competenze e delle risorse finanziarie e non necessarie per produrre tale documentazione.

La rendicontazione non finanziaria richiede infatti non solo la comprensione dei temi ESG, dei criteri di rilevazione, dei framework di rendicontazione, ma anche la raccolta, l’elaborazione e la predisposizione di dati e informazioni non finanziarie che richiedono tempo, competenze specifiche e investimenti che potrebbero essere sfidanti per le PMI.

E’ tuttavia importante evidenziare che, nonostante le sfide, le PMI possono trarre vantaggio dalla rendicontazione non finanziaria poiché così possono intraprendere un percorso di valutazione e avanzamento delle proprie prestazioni ESG nel lungo termine migliorando la trasparenza, la gestione dei rischi, la reputazione e l’attrattiva per gli investitori e i clienti.

Veniamo al tema delicato della misurazione e dei rating ESG, dopo anni di “anarchia” la UE sta lavorando alla standardizzazione della valutazione dei criteri ESG. Siamo ormai in dirittura di arrivo su questo fronte?

Molta strada è stata fatta, ma tanta ne resta da percorrere. La Commissione Europea ha intrapreso in questi ultimi anni diverse iniziative per promuovere una valutazione ESG armonizzata a livello di Unione Europea, ma la standardizzazione completa potrebbe richiedere ancora del tempo e la collaborazione tra diverse giurisdizioni e organismi internazionali.

Ad oggi, i rating ESG presentano ancora un ampio disallineamento, come evidenziato anche dalla consultazione promossa dalla Commissione Europea a giugno 2022 da cui è emerso come per l’84% dei rispondenti l’industria dei rating ESG mostra ancora ampi margini di miglioramento.

I fattori critici sono identificabili sia nella qualità e quantità dei dati ESG a disposizione, sia nella metodologia utilizzata dai diversi fornitori di rating ESG, e cioè quali fattori si misurano, con quali metriche e pesi. Gli sforzi in campo sono però notevoli e mi aspetto un processo di rapida convergenza negli anni a venire.

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